Domande Frequenti (Customer Experience)
Hai dubbi su come funziona il recupero crediti? In questa sezione troverai le risposte alle domande più comuni che ci vengono poste dai nostri clienti. Abbiamo raccolto tutte le informazioni utili per aiutarti a comprendere meglio i nostri servizi, le tempistiche, i costi e le modalità operative. Se non trovi la risposta che cerchi, non esitare a contattarci.
Il settore utilities è costituito dalle aziende che si occupano della produzione, gestione e distribuzione di servizi essenziali come l’energia elettrica, il gas e l’acqua. Queste imprese svolgono un ruolo cruciale nella vita quotidiana di cittadini e imprese, garantendo l’accesso a beni e servizi indispensabili per il benessere collettivo e lo sviluppo economico.
Tradizionalmente, la concorrenza in questo settore si basava prevalentemente sulla convenienza economica per il cliente. Tuttavia, il panorama odierno impone un ripensamento profondo della propria “brand identity”, del modo in cui le aziende si presentano ai consumatori e, soprattutto, del modo in cui interagiscono con essi una volta diventati utenti. Le parole chiave che guidano questa rivitalizzazione del settore utilities sono innovazione, attenzione all’ambiente, sostenibilità e centralità del cliente.
L’impatto della crisi energetica sul settore utilities
La recente crisi energetica, in particolare quella che ha caratterizzato la fine del 2022, ha posto sfide significative per il settore utilities. L’impennata dei prezzi dell’energia ha avuto ripercussioni notevoli sia sul mercato nazionale che internazionale, creando difficoltà per molte aziende, in special modo quelle attive nel comparto energetico. Questo contesto ha messo in evidenza la vulnerabilità del sistema e la necessità per le imprese del settore utilities di adottare strategie resilienti e orientate al cliente per navigare in scenari economici complessi.
La gestione efficace di queste sfide è diventata un imperativo per garantire non solo la stabilità finanziaria, ma anche la continuità del servizio e la fiducia dei consumatori nel settore utilities.
La complessità della gestione clienti nel settore utilities
Una delle principali complessità che caratterizzano il settore utilities risiede nell’elevato numero di clienti che un’azienda ha in portafoglio, spesso decine o centinaia di migliaia, se non milioni. Questa vasta base di utenza rende la gestione delle relazioni e, in particolare, la gestione del credito commerciale, un’attività estremamente complessa e critica.
Nel settore utilities, le motivazioni che spingono i clienti a non pagare o a pagare in ritardo possono essere svariate, richiedendo un approccio differenziato e personalizzato per ogni singola difficoltà. È in questo contesto che il concetto di “educazione del cliente al pagamento” diventa rilevante, sottolineando l’importanza di comprendere le ragioni del mancato pagamento e di offrire soluzioni adeguate, anziché limitarsi a un approccio aggressivo.
Il customer journey e il ruolo del Credit Management nel settore utilities
Il customer journey, ovvero l’insieme delle interazioni che un cliente ha con un’azienda, nel settore utilities è spesso delineato attraverso fasi come la ricerca di un prodotto o servizio, l’acquisto, l’utilizzo e l’assistenza post-vendita. Tuttavia, un aspetto cruciale e spesso trascurato è la fase in cui l’azienda deve incassare i pagamenti, ovvero la gestione del credito commerciale.
In Italia, questo momento è frequentemente ignorato nel contesto della Customer Experience, nonostante rappresenti uno dei “momenti della verità” più importanti nella relazione tra cliente e azienda.
Se un’azienda si definisce “cliente-centrica”, è fondamentale che la Customer Experience venga misurata anche durante l’attività di gestione e recupero del credito. L’obiettivo non è solo finanziario, ma anche quello di preservare e rafforzare la relazione a lungo termine con il cliente, un elemento chiave per il successo continuo nel settore utilities.
L’importanza dell’ascolto empatico nel recupero crediti nel settore utilities
La fase di recupero crediti, sebbene delicata, offre un’opportunità unica per migliorare la Customer Experience nel settore utilities. Adottare un approccio empatico e rispettoso è fondamentale.
In Sagres, si pratica l’ascolto del cliente per comprendere le ragioni del mancato pagamento – che si tratti di difficoltà finanziarie, dimenticanza o errori. Vengono fornite informazioni chiare sui debiti, sulle opzioni di pagamento e sui termini dei piani di rimborso. Si riconoscono le difficoltà dei debitori, dimostrando professionalità e offrendo soluzioni personalizzate. La comunicazione è mantenuta aperta, aggiornando il cliente sui progressi del caso e rispondendo a tutte le domande, anche offrendo diverse opzioni di contatto.
Gli operatori sono ben formati per gestire situazioni complesse in modo professionale, e la sicurezza e riservatezza delle informazioni personali dei debitori sono garantite. Questo approccio, che porta a piani di rimborso flessibili e risposte tempestive, contribuisce a creare un’esperienza positiva anche in un momento di difficoltà per il cliente nel settore utilities.
Il valore strategico dell’ascolto del cliente nel settore utilities
Ascoltare la Voce del Cliente (VoC) è cruciale per le aziende del settore utilities, non solo per registrare punteggi di soddisfazione, ma per capire le motivazioni profonde dietro i comportamenti dei clienti.
L’obiettivo principale di qualsiasi piattaforma VoC dovrebbe essere quello di ottenere “customer insights” che possano incidere sulle scelte strategiche e consapevoli dell’azienda.
Nel B2B, dove i clienti sono meno numerosi ma spesso più importanti, le interviste telefoniche basate su domande aperte si rivelano particolarmente efficaci. Questo metodo consente al cliente di esprimersi liberamente, senza essere influenzato da questionari predefiniti, rivelando i veri driver decisionali e le emozioni che guidano le loro scelte. Quando i clienti si esprimono liberamente, forniscono feedback dettagliati e autentici che possono svelare problematiche inattese o punti di forza del servizio che altrimenti rimarrebbero celati.
Questo approccio qualitativo, integrato da un’analisi tecnologica, è un fattore di cambiamento strategico per il settore utilities.
Il Net Promoter System (NPS) come strumento di misurazione nel settore utilities
Il Net Promoter System (NPS) è la metodologia di ascolto e misurazione della Customer Experience più diffusa a livello globale, superando la Customer Satisfaction (CSAT) e il Customer Effort Score (CES).
Nonostante la sua popolarità, l’NPS è spesso criticato a causa di implementazioni scorrette. La critica principale si concentra sull’eccessiva enfasi data al punteggio numerico (Net Promoter Score), piuttosto che alla comprensione delle motivazioni che lo generano. Gli stessi ideatori della metodologia hanno modificato il nome da “Score” a “System”, sottolineando che l’NPS è un sistema per raccogliere e agire sui feedback dei clienti.
Nel settore delle utilities, per sfruttare appieno il potenziale dell’NPS® (Net Promoter Score), è fondamentale adottare un approccio articolato che preveda la raccolta del feedback attraverso tre diverse modalità, ciascuna con un obiettivo specifico e complementare.
La prima modalità è l’NPS competitivo, che consiste nel raccogliere opinioni non solo dai propri clienti, ma anche da clienti di aziende concorrenti o da chi ancora non è cliente. Questo tipo di feedback offre un’importante visione strategica del mercato, aiutando l’azienda a comprendere meglio il proprio posizionamento e a fissare obiettivi di miglioramento sul medio e lungo periodo.
La seconda è l’NPS relazionale, che prevede il contatto regolare con una parte del proprio portafoglio clienti per chiedere quanto sarebbero disposti a raccomandare l’azienda e per quale motivo. Questo permette di avere una fotografia aggiornata della qualità della relazione, oltre a fornire dati preziosi per supportare le attività commerciali e di marketing.
Infine, c’è l’NPS esperienziale, anche detto transazionale, che si attiva subito dopo un’interazione specifica, come un acquisto o un contatto con l’assistenza clienti. Questo tipo di rilevazione è particolarmente utile per intervenire tempestivamente sui processi e migliorare l’esperienza del cliente nel momento in cui essa si verifica.
Insieme, queste tre modalità forniscono una visione completa, utile a guidare decisioni strategiche e operative per aumentare la soddisfazione e la fidelizzazione della clientela.
Questi tre tipi di NPS dovrebbero essere analizzati separatamente, poiché misurano aspetti diversi, ma il piano di miglioramento finale dovrebbe essere unico e integrato con la strategia aziendale. Un errore comune, che rischia di essere fuorviante per il Top Management, è sommarli per ottenere un unico NPS aziendale. La vera utilità dell’NPS risiede nel “perché” dietro il voto e nella capacità di generare “actionable insights” per il miglioramento continuo nel settore utilities.
L’Intelligenza Artificiale come abilitatore nel settore utilities
L’intelligenza artificiale (IA) sta trasformando il modo in cui il settore utilities gestisce la Customer Experience e il Credit Management. Sebbene un algoritmo non sia ancora in grado di comprendere appieno le esigenze e le contraddizioni umane nelle attività di front office, l’IA si rivela estremamente utile nelle attività di back office, in particolare nell’analisi di grandi volumi di dati.
Quando si raccolgono migliaia di conversazioni con i clienti, l’IA, attraverso l’elaborazione del linguaggio naturale (NLP), può estrarre il vero significato del feedback dei clienti. Le applicazioni di Voice-to-Text trascrivono facilmente l’audio delle conversazioni in testo scritto.
Successivamente, l’IA analizza il contenuto testuale, focalizzandosi sul “mood” e sulle dinamiche della conversazione, identificando problematiche ricorrenti e concetti chiave. Questa analisi avanzata permette di creare “Visual Reporting” per il management, rendendo più semplice prendere decisioni informate e consapevoli.
Sagres ha già integrato strumenti intelligenti nel proprio metodo di lavoro, riconoscendo che l’IA è un grande aiuto per automatizzare attività che altrimenti sarebbero manuali. L’obiettivo è che l’IA ottimizzi il lavoro senza ostacolarlo, mantenendo sempre un approccio umano nella risoluzione dei problemi, un tratto distintivo nel settore utilities.
Integrazione tra Credit Management e Customer Experience nel settore utilities
L’integrazione tra la gestione del credito commerciale e la qualità della relazione con il cliente sta ridefinendo i modelli di business efficaci nel settore utilities. Questa convergenza, guidata da digitalizzazione, ascolto attivo, visione strategica e cultura data-driven, genera vantaggi concreti e misurabili in termini di redditività e fidelizzazione. È fondamentale che l’intero customer journey, inclusa la fase di pagamento, sia considerato nell’ottica della Customer Experience.
Un esempio pratico di questa integrazione è il caso di un’azienda del settore utilities con un milione di clienti, che ha chiesto a Sagres di misurare la CX dopo il contatto telefonico delle agenzie di recupero crediti. Le conversazioni sono state registrate, trascritte e analizzate tramite IA per comprendere il tono e l’approccio degli operatori. I risultati hanno rivelato che il fornitore con un approccio più empatico otteneva un NPS migliore e, sorprendentemente, percentuali di incasso più elevate rispetto a quelli più aggressivi.
Questo ha portato l’azienda a valorizzare il fornitore “virtuoso”, a formare gli altri operatori e a rivedere gli indicatori di performance, includendo il Net Promoter Score post-recupero e il numero/valore dei clienti persi. L’obiettivo era non solo incassare di più, ma anche ridurre la perdita di clienti, aumentando così il valore a lungo termine per l’azienda nel settore utilities.
La strategia “Pain Is Good” per il settore utilities
La “PIG Strategy” (Pain Is Good), tradotta in italiano da Sergio Rossini, propone un’alternativa alla tradizionale “customer-centricity”, suggerendo di non eliminare tutti i “pain point” (punti di frizione o disagio) dall’esperienza del cliente. Alcuni di questi, se gestiti consapevolmente, possono trasformarsi in elementi distintivi e vantaggi competitivi, contribuendo a un’esperienza più ricca e autentica.
Questa strategia sfida lo status quo invitando le aziende del settore utilities a riflettere su quali elementi rimuovere e quali mantenere o addirittura enfatizzare per rafforzare l’identità del brand. Non si tratta di creare ostacoli arbitrari, ma di progettare esperienze con una narrazione coerente, dove il cliente accetta consapevolmente alcune frizioni perché ne percepisce il valore complessivo.
L’esempio di IKEA illustra come, nonostante alcuni pain point (lunghe attese, auto-assemblaggio), il brand soddisfi i clienti mantenendo la promessa di design e prezzo basso.
Allo stesso modo, Starbucks ha creato un “terzo posto” accogliente, ridefinendo l’esperienza del caffè, pur con differenze rispetto al bar italiano.
Nel settore utilities, le multiutility possono applicare la PIG Strategy sviluppando programmi di loyalty basati su sconti legati a comportamenti sostenibili o sistemi di alert personalizzati, educando i clienti sui “trade-off” operativi.
Le sfide della maturità digitale e organizzativa nel settore utilities italiano
Il settore utilities in Italia, e le aziende italiane B2B in generale, mostrano ancora un percorso in divenire verso un approccio pienamente cliente-centrico e una maturità tecnologica adeguata. Una ricerca condotta da Osservatori.net del Politecnico di Milano ha evidenziato che solo il 35% delle grandi aziende e PMI italiane nel B2B dichiara di adottare un approccio cliente-centrico, ma solo una piccola percentuale ha effettivamente implementato questa trasformazione.
La ricerca ha rivelato dati preoccupanti: quasi la metà delle aziende intervistate si dichiara ancora “prodotto-centrica”, e la consapevolezza della sinergia tra Customer Experience e Credit Management, sebbene in crescita, deve ancora tradursi in azioni concrete. La funzione Finance, pur riconoscendo teoricamente l’importanza di essere orientata al cliente, spesso manca di sinergia con le funzioni di Customer Experience e marketing.
Un ostacolo significativo è l’infrastruttura tecnologica obsoleta: il 61% delle aziende gestisce ancora il processo di gestione del credito tramite fogli di calcolo Excel, una pratica inefficace per migliaia di clienti. Solo il 34% delle aziende intervistate dispone di un CRM adeguato per la gestione delle relazioni con i clienti. Questo evidenzia che, nonostante la consapevolezza dell’importanza di fare squadra e di integrare le funzioni aziendali, il progresso è lento e richiede maggiori investimenti e un cambiamento culturale profondo nel settore utilities.
L’umanizzazione del business nel settore utilities
In un’epoca sempre più dominata dall’intelligenza artificiale e dall’automazione, il settore utilities si trova di fronte alla sfida di “umanizzare il business” nel Credit Management e nella Customer Experience. Questo concetto, apparentemente controcorrente, sottolinea che, sebbene l’IA possa ottimizzare e velocizzare numerosi processi aziendali, non può sostituire integralmente la comprensione empatica delle esigenze del cliente.
Il tratto distintivo di aziende come Sagres è proprio l’importanza data alla persona, ascoltando e dimostrando empatia, anche nella gestione di migliaia di commesse. Questo approccio “persona a persona” permette di gestire ogni problema in modo diverso, sfuggendo all’eccessiva automazione che spesso caratterizza le grandi aziende.
L’obiettivo è costruire un rapporto di fiducia durevole nel tempo, riconoscendo che le aziende sono prima di tutto composte da persone. Questo approccio umano, combinato con strumenti tecnologici avanzati, è la chiave per creare esperienze cliente positive e risolvere i problemi in modo efficace nel settore utilities.
La necessità di agire e cambiare nel settore utilities
Misurare la Customer Experience (CX) è un’attività assolutamente fondamentale per le aziende che operano nel settore delle utilities, dove la qualità del servizio e la percezione del cliente possono influenzare direttamente la fiducia, la fidelizzazione e la reputazione aziendale. Tuttavia, è importante sottolineare che il valore reale di questa attività non risiede unicamente nella raccolta sistematica dei dati, bensì nella capacità concreta e organizzata di trasformare quei dati in azioni mirate ed efficaci.
In molti casi, infatti, le aziende si limitano a raccogliere informazioni, analizzarle e redigere dettagliati report, senza però compiere il passo decisivo: quello di tradurre tali insight in interventi tangibili, che abbiano un impatto positivo sull’esperienza vissuta dal cliente.
Come ben sintetizzato dal motto di Sagres, “la CX senza cambiamento è solo un hobby”, ovvero un esercizio sterile se non è seguito da un reale impegno nel cambiamento. Ascoltare il cliente non deve essere visto come una semplice attività di routine, ma come uno strumento strategico in grado di guidare l’innovazione interna e le decisioni aziendali più importanti. I risultati derivanti dalle attività di ascolto devono essere portati ai vertici dell’organizzazione, coinvolgendo il top management in un processo decisionale informato, consapevole e orientato al miglioramento.
Solo attraverso un dialogo continuo e aperto con tutto l’ecosistema aziendale – che comprende clienti, dipendenti, fornitori, partner e altri stakeholder – è possibile ottenere una visione completa e strutturata delle criticità e delle opportunità. Questo approccio consente ai manager di costruire piani d’azione solidi e coerenti, mirati a ottenere miglioramenti reali, misurabili e duraturi nel tempo.
Nel settore delle utilities, che sta affrontando una fase di profonda trasformazione tecnologica, normativa e sociale, la Customer Experience rappresenta il vero vantaggio competitivo del futuro. La capacità di ascoltare, interpretare e soprattutto agire sulla base del feedback ricevuto sarà ciò che distinguerà le aziende capaci di guidare il cambiamento da quelle che lo subiranno.
Customer Experience, FAQ
La Customer Experience è diventata un pilastro fondamentale e imprescindibile per il successo di qualsiasi azienda moderna, andando ben oltre il semplice servizio clienti inteso in senso tradizionale. Non si tratta più solo di rispondere alle richieste o risolvere problemi, ma di costruire esperienze significative, personalizzate e coerenti lungo tutto il percorso del cliente, in ogni punto di contatto con il brand.
Il ruolo del Customer Experience manager è cruciale in questo scenario in continua evoluzione e trasformazione, richiedendo non solo una profonda comprensione delle dinamiche umane e comportamentali, ma anche una visione strategica, sistemica e lungimirante. Questo professionista deve possedere l’abilità di navigare con competenza nel complesso panorama tecnologico attuale, dominato da big data, intelligenza artificiale, strumenti di analytics e piattaforme omnicanale.
Questo articolo esplorerà in dettaglio il ruolo strategico e multifunzionale di un Customer Experience manager, analizzando come le sue attività, decisioni e competenze contribuiscano in modo determinante alla crescita aziendale sostenibile, alla fidelizzazione dei clienti e al miglioramento continuo dei processi.
La distinzione cruciale tra Customer Service e Customer Experience
È fondamentale comprendere che la Customer Experience (CX) non è la semplice estensione del Customer Service; essa rappresenta la percezione olistica, completa e integrata che i clienti sviluppano nel tempo riguardo all’interazione con un brand in tutte le sue fasi, siano esse dirette o indirette. Ogni punto di contatto, sia fisico che digitale, contribuisce a formare questa percezione, influenzando il grado di fiducia, fedeltà e soddisfazione che il cliente matura nei confronti dell’azienda.
Il Customer Service, sebbene rappresenti una componente importante e spesso visibile, è limitato all’assistenza fornita a un cliente che acquista o utilizza prodotti o servizi, focalizzandosi prevalentemente sulla risoluzione di problemi post-vendita. Questo servizio è spesso erogato attraverso canali tradizionali come call center, numeri verdi o help desk digitali, ed è reattivo per natura.
La Customer Experience, al contrario, abbraccia un campo molto più ampio e trasversale, che include le fasi di marketing, comunicazione pubblicitaria, navigazione online, il processo di acquisto sia in store che e-commerce, la relazione con il prezzo, le caratteristiche del prodotto, la coerenza del brand, la facilità d’uso dei servizi digitali e persino le indagini di soddisfazione del cliente, che rappresentano un punto di contatto significativo e ricco di insight strategici.
Per esempio, aziende come IKEA dimostrano come una Customer Experience positiva e memorabile possa essere costruita anche sacrificando consapevolmente alcuni aspetti tradizionali del Customer Service. IKEA, infatti, punta tutto sulla promessa di valore – prodotti di design funzionale a basso prezzo – che viene coerentemente mantenuta e apprezzata dal cliente finale, anche a fronte di un’interazione di servizio meno personalizzata.
Pertanto, mentre il Customer Service è una tattica, fondamentale ma circoscritta, la Customer Experience è una vera e propria strategia aziendale che richiede una leadership chiara, trasversale e una visione complessiva condivisa a tutti i livelli.
Il compito del Customer Experience manager è quindi quello di assicurare che la promessa del brand venga mantenuta e rafforzata attraverso tutte queste interazioni, trasformando ogni momento in un’occasione di relazione autentica, di valore e di differenziazione competitiva.
L’ascolto della voce del cliente
Uno degli aspetti più critici e spesso trascurati della Customer Experience è l’ascolto autentico e strutturato della Voce del Cliente (VoC), un elemento fondamentale per comprendere appieno le aspettative, le emozioni e i bisogni reali dei clienti. Molte aziende, pur dichiarando di mettere il cliente al centro, tendono a sottovalutare l’importanza di capire veramente i propri interlocutori, limitandosi a raccogliere dati quantitativi o superficiali. Questo atteggiamento può risultare in un alto tasso di disdette, clienti persi e un indebolimento generale della relazione tra brand e consumatore.
Tradizionalmente, le aziende si affidano a lunghi questionari di Customer Satisfaction, composti principalmente da domande chiuse e standardizzate, che non solo rischiano di annoiare il cliente con risposte obbligate, ma forniscono anche feedback limitati, generici e potenzialmente distorti. Questo approccio convenzionale porta spesso a bassi tassi di risposta. Inoltre, i punteggi ottenuti da questi sondaggi possono essere fuorvianti a causa di errori di misurazione, bias cognitivi e della sottorappresentazione di coloro che non hanno opinioni fortemente positive o negative. Il feedback qualitativo raccolto è spesso povero, con risposte brevi, frettolose e poco elaborate, rendendo difficile cogliere i veri insight.
Un Customer Experience manager efficace adotta invece un approccio completamente differente, più empatico, conversazionale e centrato sull’ascolto attivo. Questo approccio si basa su conversazioni dirette, guidate da domande aperte, che permettono ai clienti di esprimersi liberamente, raccontare esperienze dettagliate e condividere le motivazioni profonde dietro i loro comportamenti, le loro scelte e le loro percezioni.
Questo metodo avanzato, ampiamente praticato da Sagres, prevede la registrazione delle conversazioni (ovviamente con il consenso del cliente), la loro trascrizione in testo attraverso tecnologie vocali di voice-to-text, e una successiva analisi dettagliata del contenuto tramite sofisticati strumenti di text analytics basati sull’intelligenza artificiale. Tale metodologia consente di individuare concetti chiave, pattern ricorrenti e driver di soddisfazione o insoddisfazione, restituendo al management una “mappa visuale” chiara, utile per prendere decisioni consapevoli, prioritarie e mirate.
L’ascolto del cliente, in questo scenario, si trasforma da semplice meccanismo di rilevazione a vero e proprio punto di contatto positivo, capace di rafforzare la Customer Experience in modo significativo, invece di comprometterla o renderla frustrante.
La strategicizzazione della Customer Experience attraverso il Net Promoter System
Il Net Promoter System (NPS) è una delle metodologie più diffuse e utilizzate a livello globale per misurare la Customer Experience in modo sintetico, standardizzato e comparabile. Tuttavia, la sua implementazione pratica è spesso oggetto di critiche, fraintendimenti e utilizzi parziali. Un errore ricorrente tra molte aziende consiste nel concentrarsi esclusivamente sul punteggio numerico (lo “score”), che rappresenta una media aggregata, trascurando invece le motivazioni profonde e qualitative che lo generano: il “perché” dietro la valutazione espressa dal cliente. Questo approccio riduttivo rischia di svuotare l’NPS del suo potenziale strategico, trasformandolo in una metrica sterile, più utile per i report interni che per guidare un reale miglioramento dell’esperienza.
In questo contesto, il ruolo del Customer Experience manager diventa centrale. La sua responsabilità non è solo quella di raccogliere i dati, ma di interpretarli in chiave strategica e operativa, dando senso alla voce del cliente. Un CX manager competente sa che l’NPS va gestito come un sistema (Net Promoter System) e non solo come un numero (Net Promoter Score). Significa strutturare un vero e proprio processo di feedback management, in cui ogni risposta del cliente venga letta, contestualizzata, discussa internamente e trasformata in azioni concrete.
Il Customer Experience manager distingue chiaramente tra tre tipologie fondamentali di NPS, ognuna con obiettivi e utilità specifiche:
L’NPS competitivo, che misura la percezione dell’azienda rispetto ai concorrenti e permette di valutare la posizione del brand sul mercato;
L’NPS relazionale, che monitora l’evoluzione del rapporto nel tempo tra cliente e azienda, fornendo indicazioni preziose sulla solidità della relazione;
L’NPS esperienziale (o transazionale), che rileva la soddisfazione a caldo dopo un’interazione specifica, consentendo interventi puntuali sui singoli touchpoint.
Il Customer Experience manager non solo analizza questi dati separatamente per evitare generalizzazioni fuorvianti, ma ha anche il compito di riunire gli insight in un piano coerente di miglioramento, che sia allineato con gli obiettivi strategici dell’organizzazione. La sua figura è il ponte tra i dati raccolti sul campo e le decisioni operative e di governance, traducendo il feedback in leve di cambiamento reale.
L’obiettivo finale del suo lavoro non è la mera produzione di report o dashboard, ma la generazione di valore attraverso un miglioramento continuo dell’esperienza cliente. Ignorare i segnali raccolti o raccoglierli senza agire equivale a trasformare la Customer Experience in un esercizio di facciata, una pratica decorativa priva di impatto reale. Al contrario, un Customer Experience manager efficace trasforma l’ascolto del cliente in una leva di trasformazione profonda e duratura.
La capacità del Customer Experience manager di trasformare milioni di parole
Contrariamente alla credenza che le decisioni siano puramente razionali, le emozioni giocano un ruolo fondamentale e spesso prevalente nelle scelte d’acquisto. La fiducia e la relazione umana possono essere più influenti del prezzo o della qualità del prodotto. Un Customer Experience manager deve riconoscere questo aspetto e sviluppare strategie per misurare e comprendere le emozioni dei clienti.
Per cogliere le emozioni, non bastano i sondaggi tradizionali. È necessario utilizzare tecniche di analisi qualitativa e strumenti come la Sentiment Analysis, sebbene quest’ultima possa avere limiti nel rilevare sfumature come il sarcasmo.
L’NPS, quando implementato con domande aperte, può aiutare a raccogliere storie ed esperienze personali che trasmettono le vere emozioni dei clienti. Queste informazioni, una volta trascritte e analizzate con intelligenza artificiale, consentono di identificare i driver emotivi della soddisfazione o insoddisfazione e di tradurli in azioni mirate.
La capacità di un Customer Experience manager di trasformare “milioni di parole” in “narrazione” e “storie di clienti” è essenziale per suscitare empatia a tutti i livelli aziendali e guidare un cambiamento significativo.
Il ruolo del Customer Experience manager nei momenti critici del Customer Journey
Un’area spesso trascurata nel Customer Journey, ma di importanza strategica crescente, è quella che coinvolge i momenti delicati e complessi della relazione tra azienda e cliente. Molte organizzazioni tendono a gestire queste fasi come semplici procedure amministrative, finanziarie o legali, isolate dalla visione relazionale complessiva, e spesso affidate a funzioni distaccate dai canali di ascolto e dalla cura del cliente.
Tuttavia, proprio questi momenti rappresentano veri e propri “momenti della verità”, in cui la percezione del brand può essere profondamente segnata. Il cliente, spesso in una condizione emotivamente fragile, sperimenta l’effettiva coerenza tra i valori dichiarati dell’azienda e i suoi comportamenti concreti. La modalità con cui viene gestita l’interazione può rafforzare o compromettere in modo duraturo la relazione a lungo termine.
In questo contesto, il Customer Experience manager assume un ruolo cruciale. Il suo compito è integrare questi passaggi complessi all’interno di un Customer Journey fluido, coerente e umanamente sostenibile. Ciò significa trasformare quello che viene percepito come un ostacolo o una frizione in un’opportunità di dialogo, fiducia e costruzione di valore reciproco. In linea con la visione relazionale e centrata sulla persona promossa da Sagres, il Customer Experience manager sviluppa strategie di ascolto attivo, empatia autentica e comprensione delle circostanze individuali, senza giudizio o automatismi rigidi.
Attraverso una comunicazione chiara, rispettosa e orientata alla collaborazione – che può includere l’accesso semplificato a informazioni utili, la disponibilità di soluzioni personalizzate, la possibilità di interazione con più canali – il Customer Experience manager rende l’esperienza costruttiva anche nei momenti di difficoltà. Il suo obiettivo non è solo risolvere un problema contingente, ma preservare la relazione, la fiducia e il potenziale futuro del cliente.
Come dimostra il caso analizzato da Sergio Rossini in un’importante azienda del settore energetico, adottare un approccio orientato alla comprensione e alla gentilezza in queste fasi critiche ha prodotto risultati tangibili: maggiore soddisfazione del cliente, maggiore fiducia nel brand, riduzione dei costi di gestione e miglioramento dei principali indicatori di performance. Questo esempio conferma come un Customer Experience manager, attraverso un cambio di paradigma culturale e organizzativo, possa superare la tradizionale separazione tra operatività e relazione, guidando un modello di business realmente sostenibile e centrato sulla persona.
La gestione dei Good Pains
La visione tradizionale della customer-centricity tende a focalizzarsi sull’eliminazione di ogni possibile ostacolo lungo il Customer Journey, con l’obiettivo di offrire un’esperienza lineare, fluida e priva di frizioni. Tuttavia, Sampson Lee, nel suo libro “Pain Is Good” (tradotto in italiano da Sergio Rossini), propone una prospettiva controcorrente con la sua PIG Strategy, secondo cui la ricerca dell’eccellenza assoluta in ogni punto di contatto può portare a esperienze poco memorabili, eccessivamente standardizzate, costose da mantenere e facilmente imitabili dalla concorrenza.
In questo scenario, il Customer Experience manager ha il compito di andare oltre la semplice ottimizzazione dell’esperienza. È sua responsabilità analizzare strategicamente ogni punto di contatto e identificare quali elementi di attrito – se coerenti con la promessa del brand – possano diventare parte integrante e distintiva dell’identità aziendale. Questo professionista decide dove ha senso semplificare e dove, invece, può essere utile introdurre o mantenere una “tensione positiva”, capace di esaltare i momenti di piacere ed elevare il ricordo complessivo dell’esperienza.
Esempi come IKEA, che richiede ai clienti di montare i mobili da soli o affrontare percorsi lunghi e affollati, mostrano come determinati disagi siano accettati se inseriti in un patto di valore chiaro, come l’accesso a design di qualità a prezzi contenuti. Allo stesso modo, Starbucks, pur mantenendo un livello di prezzo più elevato rispetto alla media, costruisce un ambiente accogliente e coinvolgente – il famoso “terzo posto” – che giustifica la scelta e rafforza la percezione del brand.
Il Customer Experience manager, in questo contesto, ha il compito di bilanciare con intelligenza strategica i cosiddetti “good pains” e i “branded pleasures”, con l’obiettivo di ampliare quello che Sampson Lee definisce “Pleasure-Pain Gap”: un contrasto emotivo capace di rendere l’esperienza più coinvolgente, autentica e soprattutto non replicabile. Non si tratta di creare ostacoli inutili, ma di progettare consapevolmente ogni aspetto dell’esperienza in modo che serva una narrazione coerente con i valori aziendali. È una filosofia più matura della Customer Experience, che riconosce come anche gli attriti – se gestiti con visione – possano diventare un vantaggio competitivo.
Il Customer Experience manager come motore del cambiamento aziendale
Il ruolo del Customer Experience manager non si limita alla misurazione della soddisfazione, ma si estende alla promozione di un cambiamento strategico all’interno dell’azienda. I dati raccolti dalla VoC devono tradursi in un piano d’azione concreto, integrato nel piano strategico aziendale e supportato dal top management. Se la Customer Experience è considerata un vantaggio competitivo, deve essere discussa e agita ai massimi livelli dell’organizzazione.
Una delle sfide principali per un Customer Experience manager è la collaborazione inter-funzionale. Spesso, esistono “silos” organizzativi che impediscono la condivisione delle informazioni sul cliente tra dipartimenti come Finance, Sales, Marketing e Customer Care.
Il Customer Experience manager deve abbattere queste barriere, facilitando il dialogo e la sinergia per creare una visione integrata del cliente.
Infine, l’umanizzazione del business è un tema centrale nel lavoro del Customer Experience manager, specialmente in un’epoca dominata dall’intelligenza artificiale. Sebbene l’AI sia uno strumento prezioso per l’automazione e l’analisi di grandi quantità di dati, essa non può sostituire la comprensione umana, l’empatia e la capacità di gestire situazioni delicate e complesse.
L’approccio di Sagres è sempre basato sulla relazione da persona a persona, con una capacità distintiva di ascolto e di dimostrazione di empatia, gestendo ogni problema in modo unico, lontano dall’automatizzazione dei grandi numeri.
Il Customer Experience manager deve quindi guidare l’azienda a trovare un equilibrio tra l’efficienza offerta dalla tecnologia e l’insostituibile valore dell’interazione umana, creando un rapporto autentico e basato sulla fiducia reciproca.
Il #metodosagres applicato al ruolo del Customer Experience manager
Sagres ha ideato un approccio distintivo alla Customer Experience, fondato su innovazione continua e co-creazione con i propri clienti. Al centro del metodo c’è un rifiuto deciso verso i classici questionari lunghi e standardizzati, in favore di conversazioni aperte, alimentate da domande esplorative e registrate per restituire un’immagine autentica dell’esperienza vissuta. Questi dialoghi vengono trascritti e successivamente analizzati con il supporto dell’intelligenza artificiale, producendo report visuali accessibili e immediatamente fruibili anche dal top management.
Il metodo trova ulteriore forza nella collaborazione con realtà accademiche come il Politecnico di Milano e il suo Osservatorio Customer Experience nel B2B. Questi studi hanno confermato la centralità dell’ascolto attivo del cliente e la necessità, ancora poco diffusa tra le imprese italiane, di adottare una reale visione cliente-centrica.
In questo contesto, il ruolo del Customer Experience manager diventa fondamentale. Non si limita alla raccolta e analisi dei dati: guida il cambiamento culturale e strategico all’interno dell’organizzazione. Traduce feedback complessi in insight chiari, crea storytelling efficaci per coinvolgere stakeholder interni ed esterni, ed è in grado di trasformare ogni indicazione ricevuta in un’azione concreta.
Il Customer Experience manager agisce come un ponte tra la voce del cliente e la visione aziendale, assicurandosi che ogni dato raccolto porti a un miglioramento misurabile. La sua missione non è solo ottimizzare processi, ma contribuire al rafforzamento della brand identity, alla fidelizzazione e alla creazione di valore sostenibile nel tempo. Questo approccio umano e sistemico alla Customer Experience è ciò che, oggi, fa davvero la differenza.
Customer Experience, FAQ
Il marchio Starbucks è oggi riconosciuto a livello globale, non solo come una catena di caffè di successo, ma come un vero e proprio simbolo di un certo tipo di esperienza per il cliente, che unisce qualità del prodotto, atmosfera e attenzione al dettaglio. Entrare in uno store Starbucks significa accedere a un ambiente familiare e accogliente, progettato per offrire molto più di una semplice bevanda: un momento di pausa, di connessione o di lavoro, in un contesto caldo e riconoscibile ovunque nel mondo.
Per comprendere appieno il successo di Starbucks e la sua genesi, è fondamentale addentrarsi nella visione del suo fondatore, Howard Schultz, e nel modo in cui ha saputo reinterpretare e reinventare il concetto tradizionale di consumo del caffè, trasformandolo da una semplice transazione commerciale a un’esperienza emotivamente coinvolgente, capace di creare un legame affettivo con il cliente.
La storia di Starbucks, infatti, è un esempio paradigmatico e ispirazionale di come un’azienda possa distinguersi e prosperare nel tempo, concentrandosi non solo sulla qualità intrinseca del prodotto, ma sull’intero percorso emotivo, relazionale e sensoriale del cliente. Questo approccio, centrato sulla Customer Experience, è lo stesso che Sagres, attraverso il lavoro costante e l’attenzione del suo CX Director Sergio Rossini, enfatizza come cruciale per le aziende moderne che vogliono costruire relazioni autentiche e durature con il proprio pubblico.
Howard Schultz: da Seattle a Milano, un viaggio rivelatore
L’ispirazione per il successo di Starbucks e la sua peculiare offerta non nacque a Seattle, dove l’azienda era una piccola torrefazione con soli quattro punti vendita negli anni ’80. La vera scintilla scoccò durante un viaggio di Howard Schultz a Milano nel 1983. In quel periodo, il modello dominante di caffetteria in America era quello di catene come Donuts, dove l’obiettivo principale era la velocità e la funzionalità: si entrava, si comprava un caffè economico da asporto e lo si consumava in fretta, magari in macchina, senza alcuna interazione significativa o un’esperienza distintiva.
Ma a Milano, Schultz osservò qualcosa di radicalmente diverso e per lui “incredibile”. I bar italiani non erano semplici punti di vendita di caffè; erano luoghi di socializzazione, dove le persone si sedevano, leggevano il giornale, chiacchieravano, giocavano a carte e interagivano familiarmente con i baristi, che spesso conoscevano i clienti per nome e ordinazione abituale, chiamandoli per nome e preparando le loro bevande preferite in un ambiente accogliente.
Questa osservazione diretta della cultura del bar italiano, che enfatizzava la relazione umana, la convivialità e il senso di comunità, fu la chiave di volta per la futura evoluzione di Starbucks.
Il concetto rivoluzionario del “Third Place” di Starbucks
Profondamente colpito da questa esperienza italiana, Howard Schultz sviluppò il concetto di “Third Place” (terzo luogo). L’idea era creare uno spazio che fungesse da estensione della casa e del posto di lavoro, un ambiente accogliente e familiare dove le persone potessero sentirsi a proprio agio, fermarsi, lavorare, studiare, leggere, incontrare amici o semplicemente concedersi una pausa.
Questo “terzo posto” di Starbucks fu progettato con attenzione ai minimi dettagli sensoriali: divani comodi, tavoli spaziosi, connessione Wi-Fi gratuita, luci calde e musica di sottofondo, tutto per contribuire a un’esperienza immersiva e confortevole. Un’innovazione “incredibile” fu persino la possibilità di utilizzare i bagni senza obbligo di acquisto, un dettaglio che rafforzava l’idea di Starbucks come un’estensione del proprio spazio domestico.
L’obiettivo di Starbucks non era più solo vendere caffè, ma creare un’atmosfera dove il cliente si sentisse accolto e parte di una comunità. Questa visione innovativa della Customer Experience, che mette al centro le emozioni e il benessere del cliente, è un punto cardine anche nella filosofia di Sagres, che crede nell’umanizzazione del business e nella capacità di ascoltare e interpretare i bisogni non espressi dei clienti per costruire relazioni durature.
La visione inizialmente rifiutata e la nascita de “Il Giornale”, il precursore di Starbucks
Quando Howard Schultz tornò a Seattle e propose alla direzione di Starbucks di adottare questo nuovo modello di business, trasformando la torrefazione in un luogo di ritrovo ispirato ai bar italiani, la sua idea fu inizialmente respinta. L’azienda non credette in questa rivoluzione dell’esperienza del cliente.
Di fronte a questo rifiuto, Schultz decise di lasciare Starbucks e fondare la propria azienda, che chiamò “Il Giornale” (nome italiano, curiosamente), riproducendo il modello di bar che aveva ammirato a Milano, con panini e un ambiente dove le persone potessero “stare bene”.
Il successo de “Il Giornale” fu enorme. Fu così grande che, a un certo punto, Schultz riuscì ad acquistare la stessa Starbucks, che nel frattempo non stava andando bene, acquisendo il logo e il brand. Fu allora che la catena di “bar-luoghi dove stare” di Starbucks si diffuse in tutto il mondo, basando il suo modello vincente proprio su quell’esperienza di convivialità e accoglienza che Schultz aveva scoperto in Italia.
Sebbene la personalizzazione offerta da Starbucks, come scrivere il nome sul bicchiere, non sia esattamente paragonabile al rapporto intimo con un barista italiano, il modello ha comunque rivoluzionato il consumo del caffè, elevandolo a un’esperienza significativa piuttosto che un mero atto funzionale.
Starbucks e la promessa del brand: oltre il servizio clienti tradizionale
Il successo duraturo di Starbucks non si basa sull’eccellenza in ogni singolo aspetto del servizio clienti tradizionale, ma sulla sua straordinaria capacità di mantenere una chiara e distintiva “brand promise”. Molte aziende credono che per ottenere risultati di business eccezionali sia indispensabile fornire un servizio clienti impeccabile in ogni punto di contatto, ma la strategia di Starbucks dimostra il contrario. L’azienda ha compreso che l’esperienza complessiva del cliente (CX) è un sistema olistico in cui non ogni “touchpoint” (punto di contatto) deve essere perfetto.
Invece, Starbucks si concentra sulla promessa fondamentale che fa ai suoi clienti: fornire un terzo luogo accogliente, un’esperienza coinvolgente e un caffè di qualità, anche se con un prezzo più elevato, come vedremo. Questo è il potere che deriva dalla loro coerenza nel mantenere la “brand promise”.
La lezione di Starbucks è che un’esperienza cliente efficace non è quella che cerca di eliminare ogni minima difficoltà, ma quella che dedica risorse in modo mirato al mantenimento del “patto” con il cliente, accettando che alcuni “pain point” (punti di frizione o disagio) siano un costo accettabile per il cliente in cambio di un beneficio superiore e coerente con l’identità del brand.
Questo approccio è in linea con la “PIG Strategy” (Pain Is Good) che Sergio Rossini, Direttore CX di Sagres, ha tradotto e promosso in Italia.
La strategia PIG: trasformare il “Dolore” in valore per il marchio Starbucks
La “PIG Strategy” (Pain Is Good), formulata da Sampson Lee e resa accessibile in Italia grazie alla traduzione di Sergio Rossini, mette in discussione l’approccio tradizionale della “customer-centricity” che mira a eliminare ogni possibile ostacolo nell’esperienza del cliente.
Questa strategia sostiene che una ricerca indiscriminata dell’efficienza può portare a esperienze generiche e facilmente replicabili, che mancano di elementi distintivi.
Invece, la PIG Strategy suggerisce di gestire strategicamente i “pain point”, accettandone o persino accentuandone alcuni, a patto che questi rafforzino la promessa del brand. Marchi di successo come Starbucks o IKEA incarnano perfettamente questo approccio: sacrificano alcuni aspetti dell’esperienza (ad esempio, per IKEA, il montaggio dei mobili; per Starbucks, il prezzo) per esaltare ciò che li rende unici.
Questo crea contrasto e memorabilità, dimostrando che non tutti i disagi devono essere combattuti, ma alcuni possono diventare strumenti di differenziazione se integrati in un’esperienza più ampia e coerente. Il segreto è ampliare il “Pleasure-Pain Gap”, ovvero il divario tra lo sforzo richiesto e il beneficio percepito, rendendo l’esperienza di Starbucks significativa e coinvolgente.
Il prezzo elevato di Starbucks: un pain point funzionale e strategico
Uno degli elementi più distintivi e talvolta controversi dell’esperienza Starbucks è il prezzo elevato delle sue bevande. In un mercato dove un caffè espresso può costare pochi centesimi, spendere diversi euro per un caffè da Starbucks può sembrare eccessivo. Eppure, nonostante questa barriera economica, il marchio Starbucks continua a godere di un successo globale enorme.
La ragione di questo apparente paradosso risiede nella capacità del brand di bilanciare il disagio economico con un’esperienza percepita di valore superiore. Starbucks non vende solo un prodotto; vende un contesto, un ambiente, uno stile di vita. Il prezzo più alto viene accettato e persino valorizzato dal cliente perché percepito come il costo per accedere a un’esperienza che va oltre il semplice consumo.
Il “pain point” del prezzo in Starbucks diventa, paradossalmente, un simbolo di esclusività, rafforzando l’identità del brand e distinguendolo dalle catene di “fast coffee”. Se Starbucks abbassasse drasticamente i prezzi, rischierebbe di perdere una parte importante del suo posizionamento unico.
Questo è un esempio perfetto di come un “pain point” funzionale possa essere accettato e addirittura contribuire alla fedeltà del cliente, come teorizzato dalla PIG Strategy e applicato con successo da Starbucks.
Il ruolo delle emozioni nelle scelte del cliente, il contributo di Sergio Rossini e Sagres nell’analisi di Starbucks
Le decisioni dei clienti, sia nel B2C che nel B2B, sono profondamente influenzate dalle emozioni, spesso più della logica o della razionalità, anche se molti tendono a pensare il contrario. Questo è un elemento fondamentale per comprendere il successo di Starbucks, che ha saputo creare un legame emotivo con i suoi clienti attraverso il concetto di “Third Place”.
Sergio Rossini, CX Director di Sagres, ha condotto sondaggi sul tema, scoprendo che l’84% delle decisioni d’acquisto sono guidate dalle emozioni, e nel B2B, il 70% delle persone ritiene che la relazione vinca su prezzo e qualità del prodotto. Questo insight sottolinea l’importanza di capire le motivazioni profonde dietro i comportamenti dei clienti.
Sagres, infatti, promuove l’umanizzazione del business, basandosi sulla capacità di ascolto attivo ed empatia. Rossini ha tradotto in italiano il libro “Pain Is Good” di Sampson Lee, che offre una prospettiva innovativa sulla Customer Experience, sfidando lo status quo della customer-centricity tradizionale e suggerendo un’alternativa che porta vantaggi al cliente e risultati di business senza risorse extra.
Questo approccio si allinea perfettamente alla comprensione del successo di Starbucks, che non mira a eliminare ogni “dolore”, ma a gestirlo strategicamente per rafforzare il brand e la relazione con il cliente.
L’ascolto della voce del cliente (VoC) come strumento strategico per comprendere l’esperienza Starbucks
Per comprendere veramente le emozioni e le motivazioni dei clienti, come fatto per il caso Starbucks, è fondamentale implementare sistemi efficaci di “Voice of the Customer” (VoC).
Sagres critica i metodi di sondaggio tradizionali, come questionari lunghi e con domande chiuse, che spesso torturano il cliente e producono dati inaffidabili e poveri di feedback qualitativi.
In contrasto, l’azienda propone un “nuovo metodo” basato su domande aperte durante conversazioni telefoniche, che permettono ai clienti di esprimersi liberamente e di raccontare le proprie esperienze. Questi file audio vengono poi trascritti in testo tramite applicazioni “Voice to Text” e analizzati con intelligenza artificiale (AI) e “text analytics” per identificare concetti chiave, emozioni e driver di soddisfazione o insoddisfazione.
L’AI, sebbene utile per l’analisi di grandi volumi di dati, non può sostituire l’empatia umana nel front office. Questi report visivi dettagliati vengono poi presentati al management per prendere decisioni informate e avviare piani d’azione strategici. La capacità di Starbucks di comprendere le aspettative non espresse dei clienti e di adattare la propria offerta riflette l’importanza di un tale sistema di ascolto per la crescita e la fidelizzazione.
L’importanza del cambiamento e dell’azione per il successo della CX di Starbucks
La misurazione della Customer Experience, sebbene fondamentale, è inutile se non porta a un cambiamento concreto all’interno dell’azienda. Come sottolinea Sagres, “la CX senza cambiamento è solo un hobby”.
Il successo di Starbucks è la prova vivente di questo principio: l’intuizione di Howard Schultz sui bar italiani e il suo successivo sviluppo del “Third Place” non rimasero solo idee, ma furono tradotte in azioni strategiche che hanno ridefinito il modello di business dell’azienda.
Questo processo di trasformazione implica che le decisioni basate sui feedback dei clienti devono essere discusse ai massimi livelli aziendali e integrate nel piano strategico complessivo. Solo così l’azienda può garantire che le intuizioni derivanti dall’ascolto del cliente si traducano in miglioramenti effettivi che incidono sul conto economico e sulla relazione a lungo termine con i clienti.
L’approccio di Starbucks alla gestione dei “pain point” e alla coerenza della “brand promise” è un esempio di come un piano d’azione mirato possa creare un vantaggio competitivo duraturo.
Starbucks e la Customer Experience olistica: oltre il prodotto
Il caso Starbucks illustra in modo esemplare che la Customer Experience è molto più ampia del semplice “Customer Service Management” o del prodotto in sé.
Non si tratta solo di servire un buon caffè o di risolvere tempestivamente un reclamo, ma di progettare e gestire in modo intenzionale ogni singolo aspetto della relazione tra il cliente e il brand.
Mentre il Customer Service si concentra sull’assistenza e la risoluzione di problemi specifici, la Customer Experience è la somma di tutte le interazioni tra una persona e un brand, contribuendo a creare la percezione complessiva di quel brand nel tempo.
Per Starbucks, questo significa che l’esperienza del cliente include non solo la qualità del caffè, ma anche elementi intangibili e sensoriali come l’atmosfera del “Third Place”, il comfort dell’ambiente, la musica in sottofondo, la disponibilità della connessione Wi-Fi, la cortesia del personale e persino aspetti apparentemente secondari come l’accesso ai bagni o la disposizione dei tavoli.
L’approccio olistico di Starbucks all’esperienza del cliente, che considera ogni interazione, inclusi i “pain point” strategicamente accettati, è un modello che le aziende moderne dovrebbero emulare, integrando ogni fase della relazione per costruire fiducia e lealtà durature, rendendo l’esperienza unica e riconoscibile.
La lezione di Starbucks per le aziende moderne
Il successo di Starbucks non è frutto di una singola innovazione, ma di una profonda comprensione della Customer Experience e della capacità di implementare una visione olistica e umana del business.
Howard Schultz ha “inventato” un nuovo modello di caffetteria non creando qualcosa di completamente nuovo, ma reinterpretando con coerenza e originalità l’esperienza del bar italiano per il pubblico americano, trasformando un semplice consumo in un’esperienza ricca di valore emotivo e sociale.
Il successo di Starbucks deriva dalla sua abilità di mantenere una chiara “brand promise” e di gestire strategicamente i “pain point” attraverso la “PIG Strategy”. L’esempio del prezzo elevato del caffè di Starbucks, che diventa un “dolore funzionale” accettato in cambio di un’esperienza superiore e distintiva, dimostra come il disagio, se ben gestito e coerente con il brand, possa addirittura rafforzare la fidelizzazione.
La lezione di Starbucks è chiara: in un mercato sempre più competitivo e omogeneo, l’esperienza del cliente è il vero terreno di competizione sostenibile. Non si tratta di eliminare ogni problema, ma di orchestrare un percorso che alterni “dolore” e “gratificazione”, coinvolgendo emotivamente il cliente. Questo richiede un ascolto autentico della “Voce del Cliente” (VoC), basato su conversazioni aperte e analisi qualitative supportate dall’intelligenza artificiale, come promosso da Sagres.
Infine, il percorso verso una Customer Experience eccellente, sull’onda del modello Starbucks, non si ferma alla misurazione. Richiede un impegno costante nel tradurre gli insight in piani d’azione strategici, coinvolgendo il top management e promuovendo una cultura del cambiamento che umanizzi ogni interazione.
La capacità di Starbucks di creare un’esperienza memorabile, dove il cliente si sente parte di qualcosa di più grande del semplice acquisto di un caffè, è la testimonianza che l’esperienza, se autentica e coerente con la promessa del brand, diventa l’unico vero vantaggio competitivo che nessuno può copiare.
Customer Experience, FAQ
La misurazione della Customer Experience (CX) rappresenta un pilastro fondamentale per il successo e la sostenibilità di qualsiasi azienda, poiché è attraverso la comprensione profonda delle percezioni e delle aspettative dei clienti che si possono intraprendere azioni strategiche concrete per migliorare le relazioni a lungo termine e stimolare la crescita del business. La Customer Experience non si limita a una mera raccolta di dati o a un esercizio puramente quantitativo, bensì costituisce un processo dinamico che mira a interpretare le emozioni, i comportamenti e le motivazioni dei clienti.
Solo attraverso una gestione attenta e consapevole della Customer Experience è possibile generare un cambiamento significativo all’interno dell’organizzazione.
L’evoluzione dei metodi di misurazione della Customer Experience
Nel corso degli anni, i metodi di ascolto e analisi della Voce del Cliente (VoC) si sono evoluti notevolmente. Un tempo, l’approccio era molto più rudimentale, basato su concetti di conformità del prodotto o su regole dettate da standard come l’ISO 9000.
In quel “vecchio metodo”, le aziende spesso predeterminavano cosa fosse importante per il cliente e i sondaggi venivano etichettati manualmente secondo categorie predefinite come qualità, ritardi o prezzo. Lo strumento predominante era Excel o, in passato, Access, utilizzato per codificare, interpretare e riportare le risposte. I sondaggi erano lunghissimi, con troppe domande, quasi tutte chiuse (sì/no o un numero), e finivano per peggiorare l’esperienza del cliente anziché migliorarla. Purtroppo, ancora oggi molte organizzazioni continuano a utilizzare questi metodi obsoleti.
Oggi, per essere leader, è essenziale abbracciare nuove metodologie e tecnologie per misurare la Customer Experience. Le indagini moderne dovrebbero basarsi su pochissime domande, tutte aperte, per raccogliere resoconti verbali di esperienze personali, permettendo al cliente di parlare liberamente anche per venti minuti se lo desidera. Questo tipo di approccio non influenza la risposta e lascia emergere ciò che è realmente rilevante per il cliente. Il feedback viene poi analizzato con software dedicati che sfruttano l’intelligenza artificiale per analizzare il testo trascritto dai file audio delle interviste registrate.
Questi strumenti sono in grado di identificare dinamicamente nuovi temi di interesse e di produrre approfondimenti e report dettagliati. La chiave è comprendere il “perché” dietro i comportamenti dei clienti, trasformando le interviste in conversazioni autentiche e di valore.
Le principali metodologie di ascolto del cliente: misurare diversi aspetti della Customer Experience
Esistono diverse metodologie per l’ascolto della Voce del Cliente (VoC), ciascuna con i propri punti di forza e limiti. Quelle più comuni includono la Customer Satisfaction (CSAT), il Customer Effort Score (CES) e il Net Promoter System (NPS).
La Customer Satisfaction è una metodologia classica e storica, utile per valutare quanto un cliente sia contento di un prodotto o servizio specifico. Sebbene abbia i suoi vantaggi, è spesso abusata e meno efficace nel misurare la relazione o le emozioni complessive. I questionari di soddisfazione tradizionali, con le loro domande predefinite, tendono a ingabbiare le risposte dei clienti, non permettendo loro di esprimersi liberamente sui punti che ritengono più importanti. Inoltre, un alto tasso di risposte positive su molte domande può essere fuorviante se l’unica risposta negativa riguarda un aspetto cruciale per quel singolo cliente.
Il Customer Effort Score (CES) è particolarmente rilevante quando l’efficienza e la velocità di risposta sono gli aspetti fondamentali di un prodotto o servizio. Misura lo sforzo che il cliente deve impiegare per interagire con l’azienda, e in contesti dove la facilità d’uso è critica, questo indicatore è molto importante.
Il Net Promoter System (NPS) è la metodologia di ascolto e misura della Customer Experience più utilizzata a livello globale, superando di gran lunga CSAT e CES. Si basa su una semplice domanda: “In una scala da 0 a 10, quanto raccomanderesti la mia azienda a un amico o a un collega di lavoro?”. Nonostante la sua popolarità, l’NPS è anche uno dei metodi più criticati, spesso a causa di un’implementazione errata.
Molte aziende si concentrano eccessivamente sullo “score” (il punteggio finale) piuttosto che sul “sistema” (Net Promoter System), che invece enfatizza la comprensione del “perché” il cliente ha assegnato quel voto. Questo spostamento di enfasi dal punteggio alla motivazione è cruciale per ottenere “actionable insights” – informazioni concrete su cosa fare per migliorare.
Sagres implementa l’NPS in modo completo, raccogliendo il feedback dei clienti in tre modalità distinte:
- NPS competitivo: questo approccio non si limita a raccogliere il feedback dei propri clienti, ma include anche quello dei non-clienti e dei concorrenti. Questa analisi offre un alto valore strategico, essenziale per definire obiettivi aziendali a medio e lungo termine.
- NPS relazionale: le aziende contattano regolarmente una percentuale dei propri clienti per chiedere quanto li raccomanderebbero e, soprattutto, perché. Questo tipo di feedback fornisce una valutazione generale della relazione tra azienda e cliente e offre informazioni preziose alla forza commerciale e al marketing, consentendo azioni mirate sul singolo cliente e la definizione di piani d’azione per migliorare vendite, assistenza, design del prodotto, prezzi e, soprattutto, la relazione complessiva con il cliente.
- NPS esperienziale (o transazionale): questo tipo di NPS intervista i clienti subito dopo un’interazione specifica, come un acquisto o una richiesta di assistenza. Il suo scopo principale è il miglioramento dei processi specifici di quella interazione.
È fondamentale che questi tre tipi di NPS siano letti e utilizzati separatamente, poiché misurano aspetti diversi della Customer Experience. Un errore comune è sommarli per ottenere un unico NPS aziendale, che pur piacendo al Top Management, può essere fuorviante se interpretato superficialmente. Il piano di miglioramento finale, tuttavia, dovrebbe essere unico e integrato con la strategia aziendale complessiva.
Una critica frequente all’NPS riguarda la presunta negligenza dei punteggi medi (7 e 8, considerati “passivi”). Sebbene non siano inclusi nel calcolo diretto dell’NPS, il loro feedback e i loro commenti sono comunque importanti. La priorità nell’analisi è data ai clienti che assegnano un punteggio tra 0 e 6 (detrattori), in quanto a rischio di abbandono e che necessitano di un intervento immediato per risolvere le problematiche. Successivamente, si interagisce con i promotori (9 o 10), altamente soddisfatti, per capire cosa funziona bene. I clienti passivi (7 o 8) vengono generalmente coinvolti in una fase successiva.
Sagres sostiene che l’NPS, se implementato correttamente e utilizzato come parte di una strategia più ampia di Customer Experience che porti a miglioramenti concreti, rimane uno strumento potente per gestire il cambiamento e migliorare l’esperienza del cliente.
L’importanza del dialogo e delle emozioni nella Customer Experience
Il vero valore della misurazione della Customer Experience non risiede nella semplice quantificazione, ma nella capacità di scavare nelle emozioni dei clienti per comprenderne le decisioni. La nostra cultura ci ha spesso indotto a credere che le scelte siano razionali e logiche, e che le emozioni siano un disturbo da dominare. Tuttavia, le ricerche e le esperienze reali dimostrano il contrario, le emozioni sono una parte fondamentale e prevalente delle decisioni d’acquisto.
Il Premio Nobel Daniel Kahneman, nel suo libro “Thinking, fast and slow”, spiega l’esistenza di due sistemi che guidano il pensiero e le scelte umane, con l’elaborazione emotiva che precede sempre la decisione razionale. La fidelizzazione del cliente, ad esempio, è una classica manifestazione di un legame emotivo.
Per Sagres, comprendere il valore delle emozioni è il segreto per ottimizzare la Customer Experience. Per scoprire le emozioni dei clienti che interagiscono con un marchio, si suggerisce di effettuare prima una ricerca qualitativa per identificare quali emozioni sono rilevanti per il business, e poi una ricerca quantitativa per verificarne l’entità.
Le domande aperte sono il segreto per raccogliere le parole che trasmettono le emozioni dei clienti, come ad esempio chiedere: “Qual è la ragione principale del voto che ci hai dato?” subito dopo la domanda di soddisfazione. Lasciare che il cliente si esprima liberamente, descrivendo le prime due o tre cose che gli vengono in mente, permette di cogliere ciò che realmente conta per lui e che lo ha portato a dare quel voto.
Questo approccio si contrappone ai questionari standardizzati da 20 o più domande, che spesso trasformano il momento del feedback in una “tortura” per il cliente. Un sistema di misurazione efficace della Customer Experience non dovrebbe mai essere un peso per il cliente, ma un’opportunità per sentirsi ascoltato e valorizzato. L’obiettivo è raccogliere resoconti verbali di esperienze personali che rivelano le vere criticità e le emozioni sottostanti.
Sagres ha persino scoperto, tramite domande aperte, come il COVID abbia modificato l’esperienza del cliente nel settore della manutenzione degli ascensori, con tecnici che spontaneamente facevano la spesa per gli anziani bloccati in casa; un’informazione impossibile da ottenere con domande chiuse.
Il ruolo cruciale della tecnologia e dell’Intelligenza Artificiale nella misurazione della Customer Experience
La gestione di migliaia di clienti e milioni di parole espresse durante le conversazioni richiede l’ausilio di strumenti tecnologici avanzati, soprattutto per migliorare la Customer Experience. L’intelligenza artificiale (IA) è oggi una tecnologia matura e pronta a supportare le aziende in questo processo.
Le applicazioni Voice to Text trascrivono facilmente l’audio delle conversazioni con i clienti in testo scritto, fornendo un’enorme quantità di dati testuali da analizzare. Successivamente, l’elaborazione del linguaggio naturale (NLP) viene utilizzata per comprendere il vero significato del feedback dei clienti, identificando concetti chiave ed emozioni associate a voti alti o bassi, contribuendo così a perfezionare la Customer Experience.
L’IA è particolarmente utile nelle attività di back office, dove può elaborare e analizzare grandi quantità di dati in modo rapido ed efficiente, permettendo di creare mappe visuali che evidenziano ciò che rende i clienti soddisfatti o insoddisfatti. Questi “visual reporting” sono essenziali per il management, poiché rendono semplice la comprensione dei dati complessi e permettono di prendere decisioni consapevoli basate sulle reali esigenze e desideri dei clienti, con un impatto diretto sulla Customer Experience.
Al contrario, l’IA è meno efficace nelle attività di front office, come l’assistenza clienti, dove la presenza umana, l’empatia e la capacità di comprendere le contraddizioni e le esigenze complesse delle persone rimangono insostituibili.
Nonostante i progressi tecnologici, un’indagine condotta in collaborazione con il Politecnico di Milano ha rivelato che il 61% delle aziende italiane intervistate gestisce ancora il processo di gestione del credito commerciale attraverso fogli di calcolo Excel. Solo una minoranza adotta strumenti integrati o soluzioni di intelligenza artificiale per quanto riguarda il settore del Credit Management.
Questo dimostra una mancanza di consapevolezza e di adozione di tecnologie integrate, come i sistemi CRM, che sono fondamentali per tracciare la storia completa delle interazioni con il cliente, inclusi ordini, offerte e reclami, e per supportare un dialogo efficace con migliaia di clienti. Solo il 34% delle aziende intervistate possiede un CRM.
La digitalizzazione e l’uso di IA, machine learning e big data possono aiutare a identificare precocemente comportamenti di pagamento anomali e offrire insight predittivi, ma la componente umana rimane imprescindibile.
La “PIG Strategy” e la complessità della Customer Experience
Quando si parla di misurare la Customer Experience, è importante ricordare che non tutti i punti di contatto devono essere necessariamente eccellenti o privi di difficoltà. La CX, infatti, non è una scienza esatta basata solo su punteggi e metriche standardizzate: è un sistema complesso, fatto di emozioni, percezioni e contraddizioni. In questo contesto si inserisce la “PIG Strategy” (Pain Is Good), ideata da Sampson Lee e tradotta in italiano da Sergio Rossini, che invita a riconsiderare la tendenza diffusa a eliminare ogni frizione nel customer journey e a mettere il cliente sempre e ovunque al centro.
Secondo questa strategia, investire equamente in tutti i touchpoint per offrire esperienze impeccabili può risultare non solo costoso, ma anche inefficace: si rischia di generare esperienze piatte, facilmente replicabili dai concorrenti. La “PIG Strategy” propone invece di concentrare tempo e risorse su pochi momenti chiave – i cosiddetti “branded pleasures” – che rafforzano la promessa del brand, mentre alcuni “good pains” (difficoltà controllate e coerenti con l’identità aziendale) possono essere non solo tollerati, ma addirittura utili a differenziare l’esperienza.
IKEA e Ryanair rappresentano due esempi emblematici: entrambe le aziende offrono un valore chiaro e riconoscibile – prezzi bassi – e lo fanno anche attraverso esperienze volutamente “scomode”, come il montaggio dei mobili o i servizi essenziali. Questi “pain points” fanno parte della loro identità, e sono accettati dai clienti proprio perché coerenti con la “Brand Promise”.
In termini di misurazione della Customer Experience, ciò implica che metriche come NPS, CES o CSAT vadano lette nel contesto del brand e del suo posizionamento. Non tutti i punti di contatto devono generare punteggi alti: quelli che contano davvero sono i momenti chiave, quelli che definiscono la percezione complessiva. A supporto di questa visione, la “Peak-End Rule” di Daniel Kahneman suggerisce che le persone non ricordano ogni dettaglio dell’interazione, ma si focalizzano sul picco emotivo (positivo o negativo) e sulla fase finale.
Per questo motivo, una misurazione efficace della Customer Experience deve tener conto di dove e quando avvengono questi picchi, evitando di inseguire una perfezione diffusa e focalizzandosi invece sugli elementi che realmente influenzano la memoria e la soddisfazione del cliente.
La Customer Experience come strumento di cambiamento strategico
Misurare la Customer Experience non è un fine, ma un mezzo per innescare un processo di cambiamento all’interno dell’azienda. Troppe aziende misurano, analizzano e producono report, ma si fermano lì, senza tradurre i dati in azioni concrete. Sagres adotta il motto “la CX senza cambiamento è solo un hobby” per sottolineare che l’obiettivo primario dell’ascolto del cliente è il miglioramento.
Per trasformare il feedback in azione, è essenziale “chiudere il loop”, ovvero ricontattare il cliente dopo l’intervista per approfondire il feedback e dimostrare che la sua voce è stata ascoltata e valorizzata. Questo processo non solo raccoglie informazioni utili, ma contribuisce anche a creare un’esperienza positiva per il cliente stesso.
In Sagres, per esempio, la metodologia prevede che le conversazioni registrate e trascritte vengano analizzate con l’IA per creare “visual report” che suggeriscono chiaramente le azioni da intraprendere. Questi report vengono poi discussi a livello di Top Management (ad esempio, con CFO e CEO) per prendere decisioni informate e integrare i piani d’azione nella strategia aziendale.
La Customer Experience deve essere vista come un vero vantaggio competitivo e, come tale, deve essere un argomento discusso ai massimi livelli dell’azienda.
La collaborazione tra i reparti è fondamentale. I feedback dei clienti possono riguardare lo sviluppo del prodotto, la formazione dei dipendenti e la ridefinizione dei processi.
Coinvolgere il team operativo e il management in workshop di confronto tra il punto di vista interno e la Voce del Cliente esterna porta a una maggiore consapevolezza e a piani d’azione “bottom-up” che sono più facilmente accettati e implementati dal team che dovrà eseguirli.
La Customer Experience è un concetto ampio che va oltre la semplice interazione digitale. Anche se i clienti adottano sempre più comportamenti digitali, essi rimangono individui fisici che operano nel mondo reale, e limitarsi ai soli touchpoint digitali significa perdere di vista la complessità dell’esperienza. È fondamentale capire cosa vogliono e di cosa hanno bisogno i clienti in ogni canale e punto di contatto, riconoscendo la diversità delle loro aspettative.
La misurazione della Customer Experience è un processo continuo e strategico, che richiede un approccio olistico, l’integrazione di dati quantitativi e qualitativi, l’impiego intelligente della tecnologia e, soprattutto, una cultura aziendale che valorizzi l’ascolto e l’empatia per guidare un cambiamento costante e sostenibile. Il futuro delle aziende dipende dalla capacità di costruire e mantenere relazioni di fiducia durature con i clienti, trasformando ogni interazione, anche quelle critiche come il recupero crediti, in un’opportunità di valore.
Customer Experience, FAQ
La Customer Experience, o CX, è oggi riconosciuta come un fattore critico per il successo aziendale e un vantaggio competitivo fondamentale in un mercato sempre più digitalizzato e competitivo. Non si tratta di un concetto generico di “servire meglio i clienti”, ma di una strategia olistica che abbraccia tutte le interazioni tra un cliente e un brand. Migliorare la Customer Experience significa comprendere e agire sulla percezione complessiva che i clienti hanno di un’azienda, dalla ricerca del prodotto o servizio, all’acquisto, all’utilizzo, al servizio clienti.
La differenza tra Customer Experience e Customer Service: distinzione importante per il miglioramento
È un errore comune confondere la Customer Experience con il Customer Service.
Il Customer Service è l’assistenza e la consulenza fornite a un cliente durante l’acquisto o l’uso di prodotti e servizi, includendo numeri verdi, call center e assistenza post-vendita.
La Customer Experience, invece, è un concetto molto più ampio, la percezione olistica che il cliente ha del brand. Essa include il Customer Service, ma anche il prezzo, il prodotto stesso, il marketing, la pubblicità e tutte le altre interazioni possibili tra cliente e brand.
La Customer Experience non è un’estensione del Customer Service; è una strategia, mentre il servizio clienti è una tattica. L’importanza di questa distinzione risiede nelle implicazioni organizzative e progettuali: un responsabile della Customer Experience non dovrebbe essere preso solo dal Customer Service, in quanto la CX deve poter influenzare anche il prezzo e le caratteristiche del prodotto. La missione della vera Customer Experience è assicurarsi che la “Brand Promise” venga mantenuta.
Aziende come IKEA dimostrano che una CX positiva può esistere anche con un Customer Service minimale, purché la promessa del brand (design a basso costo) sia mantenuta.
L’ascolto del cliente, o Voice of the Customer (VoC), è l’elemento più importante per migliorare la Customer Experience
Un sistema efficace di Customer Experience pone l’ascolto del cliente al centro. Molte aziende perdono clienti o non riescono a generare acquisti ripetuti semplicemente perché non conoscono abbastanza i loro clienti. Il punto debole di molte aziende italiane nella Customer Experience è proprio la fase di ascolto del cliente. Tradizionalmente, le aziende si affidano a sondaggi online con numerose domande chiuse, ma questo approccio presenta gravi limitazioni.
I punteggi non sono affidabili e il feedback qualitativo raccolto è estremamente povero, con risposte brevi e poco elaborate. Queste metodologie “torturano” il cliente con domande predefinite, ingabbiando le loro risposte e non permettendo loro di esprimersi liberamente sulle questioni più rilevanti.
Metodologie di ascolto del cliente efficaci per ottenere informazioni utili per la Customer Experience
Per ottenere una comprensione profonda delle esigenze e dei comportamenti dei clienti, è necessario adottare metodologie di ascolto più qualitative e meno invasive. Un approccio efficace è l’utilizzo di interviste telefoniche basate su domande aperte. Queste domande permettono al cliente di esprimersi liberamente, raccontando la propria esperienza con le parole che ritengono più importanti e rilevanti per loro.
Questo metodo permette di cogliere il “perché” dietro i punteggi di soddisfazione, identificando le motivazioni e le emozioni che guidano i comportamenti dei clienti. Le conversazioni telefoniche possono essere registrate (previa autorizzazione del cliente) e trascritte in testo grazie a strumenti di voice-to-text. Successivamente, software di text analytics basati sull’intelligenza artificiale possono analizzare milioni di parole per identificare concetti chiave, associare temi a livelli di soddisfazione e generare mappe visuali che rendono semplici le decisioni per il management.
Tra i sistemi di ascolto, il Net Promoter System (NPS) è il più utilizzato a livello globale, superando la Customer Satisfaction (CSAT) e il Customer Effort Score (CES). Tuttavia, la sua implementazione è spesso sbagliata, concentrandosi eccessivamente sul punteggio (Net Promoter Score) anziché sul “sistema” di feedback management (Net Promoter System).
Per essere efficace, l’NPS deve focalizzarsi sul “perché” il cliente ha dato un certo voto, chiedendo “Qual è la ragione principale del voto che ci hai dato?”. Questo porta a “actionable insights”, ovvero informazioni concrete su cosa fare per migliorare.
L’NPS include tre tipologie:
- NPS competitivo (raccoglie feedback anche dai non-clienti per la strategia a medio-lungo termine),
- NPS relazionale (valuta la relazione generale azienda-cliente)
- NPS esperienziale o transazionale (migliora processi specifici dopo un’interazione).
Questi tre NPS dovrebbero essere analizzati separatamente per evitare interpretazioni fuorvianti, ma il piano di miglioramento finale dovrebbe essere unico e integrato con la strategia aziendale. Un’implementazione corretta dell’NPS prevede il “closed loop”, ovvero ricontattare il cliente dopo l’intervista per approfondire il feedback, dimostrando attenzione e valore al tempo che il cliente ha dedicato. Evitare di legare gli incentivi dei dipendenti ai punteggi NPS è cruciale per prevenire manipolazioni e garantire l’autenticità dei feedback.
La Customer Experience si traduce in cambiamento strategico per l’azienda
Misurare la Customer Experience non deve essere un mero esercizio per produrre report e presentazioni, ma deve servire come strumento di cambiamento strategico. Il vero valore della CX non sta solo nella raccolta delle metriche, ma nell’azione conseguente alle informazioni ricevute. I feedback dei clienti sono voci che richiedono attenzione e azioni. È fondamentale “chiudere il loop”, non solo raccogliendo il feedback, ma trasformandolo in informazioni comprensibili per il management e implementando i cambiamenti necessari.
Questo processo richiede una cultura organizzativa che promuova l’ascolto e consideri ogni feedback un’opportunità di miglioramento. La collaborazione inter-dipartimentale è essenziale per creare sinergie e raggiungere gli obiettivi comuni. Quando il management riceve informazioni chiare e proposte basate su dati reali, può prendere decisioni consapevoli che innescano un processo di “Change Management”.
Le iniziative di miglioramento create dal team operativo (“bottom up”) hanno un maggiore “buy-in” e sono più efficaci rispetto a quelle imposte dall’alto. L’obiettivo finale di questo cambiamento è migliorare non solo la Customer Experience in sé, ma anche il conto economico dell’azienda come conseguenza diretta.
Umanizzazione nel business nella Customer Experience
In un’era dominata dall’intelligenza artificiale e dall’automazione, l’umanizzazione del business rappresenta una scelta controcorrente ma sempre più necessaria per garantire una Customer Experience efficace e autentica. Sagres, ad esempio, crede profondamente nel valore della persona, promuovendo un approccio umano e relazionale anche nella gestione quotidiana dei clienti, senza mai perdere di vista l’individualità e le esigenze specifiche di ciascuno.
L’intelligenza artificiale viene vista come uno strumento di supporto, utile per ottimizzare e velocizzare i processi, ma non come sostituto dell’interazione umana. La capacità di ascoltare attivamente, comprendere i bisogni emotivi del cliente e creare connessioni empatiche rimane un elemento insostituibile per costruire relazioni solide, durature e basate sulla fiducia reciproca.
Un approccio umano consente di evitare quella barriera fredda che soluzioni automatizzate e predittive rischiano di creare tra cliente e azienda. Sergio Rossini, direttore CX di Sagres, sottolinea quanto l’empatia e l’ascolto attivo possano fare la differenza nella costruzione di relazioni significative, che si traducono poi in risultati concreti anche sul piano del business.
Molti momenti di contatto con il cliente, anche quelli più delicati o complessi, rappresentano veri e propri “Moments of Truth” – ovvero snodi decisivi all’interno del Customer Journey – che possono rafforzare o compromettere la relazione. Un’interazione gestita in modo impersonale o eccessivamente rigido può causare malcontento, allontanare il cliente e avere ripercussioni negative sulla reputazione del brand.
L’obiettivo non è solo accompagnare il cliente in un percorso efficiente, ma costruire relazioni che durino nel tempo e siano basate sulla fiducia e sulla comprensione reciproca.
Tra le pratiche che permettono di migliorare concretamente la Customer Experience ci sono: l’ascolto attivo per comprendere le reali esigenze o difficoltà del cliente; la chiarezza nelle comunicazioni, affinché ogni interazione sia trasparente e comprensibile; la disponibilità a offrire soluzioni personalizzate e flessibili, capaci di rispondere a contesti diversi; e, soprattutto, l’empatia.
È importante considerare anche la formazione del personale, affinché ogni membro del team sappia gestire con professionalità e sensibilità situazioni delicate. Lo stesso vale per i partner esterni: anche chi opera indirettamente a nome dell’azienda deve seguire linee guida coerenti e rispettose, in linea con i valori del brand.
Un altro aspetto fondamentale è la protezione dei dati personali e la riservatezza delle informazioni, che costituiscono la base per mantenere la fiducia nel lungo termine. Allo stesso tempo, educare il cliente attraverso una comunicazione proattiva e continua rappresenta una leva di prevenzione utile a evitare incomprensioni o criticità future.
Infine, è essenziale ricordare che la relazione con il cliente non si conclude con la chiusura di una singola pratica o richiesta. Ogni interazione lascia un’impronta duratura e contribuisce a formare l’immagine complessiva dell’azienda. Un approccio eccessivamente rigido o privo di sensibilità può ritorcersi contro, soprattutto in un’epoca in cui le esperienze negative si diffondono rapidamente. Il vero obiettivo non è soltanto raggiungere risultati quantitativi, ma mantenere un equilibrio tra efficienza operativa e soddisfazione del cliente nel lungo periodo.
Aziende come Schindler Italia, grazie alla collaborazione con Sagres, hanno dimostrato che un approccio relazionale e strategico alla Customer Experience può trasformarsi in un potente motore di fidelizzazione e crescita, raddoppiando i ricavi e migliorando sensibilmente le performance aziendali in pochi anni.
Le emozioni influenzano la Customer Experience e la decisione di acquisto
Le decisioni di acquisto sono influenzate in modo significativo dalle emozioni, non solo dalla logica o dalla razionalità. La nostra cultura ci porta spesso a credere che le scelte siano puramente razionali, ma la realtà è che l’elaborazione emotiva precede sempre la decisione razionale. Le persone ricordano come si sono sentite durante un’esperienza d’acquisto o d’uso, più che le caratteristiche del prodotto. Per questo motivo, misurare le emozioni dei clienti è cruciale per costruire la loro fidelizzazione.
Strumenti come la Sentiment Analysis (che usa l’intelligenza artificiale per comprendere le emozioni nel testo) e il Net Promoter System (che raccoglie storie ed esperienze) possono essere usati per catturare queste emozioni. Le domande aperte, come “Qual è la ragione principale del voto che ci hai dato?”, sono essenziali per far emergere le parole che trasmettono le emozioni dei clienti. Comprendere queste emozioni e i loro driver decisionali permette alle aziende di creare piani d’azione che rimuovano elementi che generano emozioni negative e favoriscano la fiducia. Il Visual Reporting è uno strumento potente per comunicare queste storie emotive al management, consentendo loro di prendere decisioni consapevoli basate sulle reali percezioni dei clienti.
L’importanza della Customer Journey Map e dell’approccio omnicanale nel migliorare la Customer Experience
Mappare il Customer Journey, ovvero il percorso che il cliente compie interagendo con l’azienda, è un primo passo fondamentale per comprendere la Customer Experience. Questo include identificare tutti i punti di contatto (touchpoint), le aspettative e le potenziali frustrazioni in ogni fase, dalla ricerca e acquisto del prodotto/servizio, all’utilizzo, al post-vendita.
Identificare i punti di miglioramento lungo questo percorso permette di semplificare procedure, ridurre i tempi di attesa e fornire informazioni più chiare. Un approccio omnicanale è essenziale per garantire un’esperienza fluida e coerente attraverso tutti i canali di contatto, siano essi fisici o digitali.
I clienti interagiscono con i brand attraverso molteplici modi (telefono, email, WhatsApp, chat web, social media), e l’azienda deve essere in grado di soddisfare le loro esigenze e aspettative in ogni canale. Non esiste una “Customer Experience digitale” che sia solo digitale; l’esperienza del cliente è intera, e i touchpoint digitali ne sono solo una parte.
La trasformazione digitale e l’intelligenza artificiale supportano il miglioramento della Customer Experience
La trasformazione digitale gioca un ruolo cruciale nel miglioramento della Customer Experience, ma deve essere gestita con una visione equilibrata che non escluda l’elemento umano. Sebbene l’IA e l’automazione possano velocizzare molti processi aziendali, la comprensione delle esigenze del cliente, l’ascolto e l’empatia rimangono prerogative umane.
L’IA è particolarmente utile nelle attività di back office e nell’analisi di grandi volumi di dati, come la trascrizione di conversazioni e l’identificazione di pattern emotivi o tematici. L’adozione di software dedicati, come i CRM (Customer Relationship Management), è fondamentale per gestire la storia e la relazione con il cliente, tracciando tutti i contatti, gli ordini, le offerte e persino i reclami e le indagini di soddisfazione. Molte aziende italiane, purtroppo, sono ancora indietro nell’adozione di questi strumenti, basandosi spesso su semplici fogli Excel, il che limita la loro capacità di gestire efficacemente un gran numero di clienti e di integrare le informazioni.
La tecnologia, quindi, non deve essere un fine a sé stante, ma un mezzo per ottimizzare l’interazione e permettere agli operatori umani di concentrarsi sugli aspetti più delicati e relazionali della Customer Experience. Sistemi avanzati permettono di raccogliere feedback personalizzati in tempo reale e di supportare un approccio omnicanale, garantendo flessibilità e accessibilità al cliente.
Perché è importante che il management sia coinvolto attivamente nel miglioramento della Customer Experience
Il coinvolgimento del Top Management è cruciale per il successo di un programma di Customer Experience. Se la Customer Experience è considerata un vantaggio competitivo, deve essere discussa e agita ai massimi livelli aziendali. Un report visuale chiaro e intuitivo, generato dall’analisi dei feedback dei clienti, è fondamentale per supportare il management nel prendere decisioni informate e consapevoli. Queste decisioni devono tradursi in un piano d’azione integrato nel piano strategico aziendale.
L’assenza di un responsabile della Customer Experience o di un dialogo strutturato tra le funzioni (ad esempio, Finance e Customer Experience) è un indicatore di immaturità aziendale nel campo della CX. La leadership deve promuovere una cultura incentrata sul cliente e guidare il cambiamento. Senza un impegno concreto e decisioni a livello strategico, la Customer Experience rischia di rimanere un “hobby” senza impatti reali sui risultati aziendali.
Esempi di successo nell’applicazione di queste strategie
Numerosi esempi concreti dimostrano l’efficacia di un approccio integrato e strategico alla Customer Experience.
Schindler Italia, in collaborazione con Sagres, ha trasformato un’attività considerata tradizionalmente amministrativa in una leva relazionale capace di rafforzare la fidelizzazione. Grazie all’ascolto continuo della Voce del Cliente (Voice of the Customer) e all’adozione di un modello gestionale orientato alla relazione, Schindler ha raddoppiato i ricavi e dimezzato il capitale circolante netto in cinque anni. Questo dimostra come, anche in contesti complessi, un approccio umano e strategico possa portare a risultati finanziari e relazionali significativi.
Un’altra realtà, attiva nel settore energetico e con oltre un milione di clienti, pur disponendo di sistemi di ascolto strutturati e una cultura customer-centric già matura, ha chiesto a Sagres di analizzare le esperienze vissute dai clienti in momenti critici del loro percorso. È emerso che gli operatori con un approccio più empatico e trasparente generavano non solo maggiore soddisfazione, ma anche risultati operativi migliori rispetto a quelli con uno stile comunicativo più rigido o impersonale. Questo ha portato l’azienda a ridefinire i criteri di selezione dei partner esterni, avviare percorsi formativi per il personale e introdurre nuovi indicatori di performance, come il Net Promoter Score e il monitoraggio del valore dei clienti persi.
Il caso ha evidenziato chiaramente come l’ascolto sistematico del cliente possa diventare un vero driver di trasformazione culturale, migliorare i processi aziendali e rafforzare le relazioni a lungo termine, aumentando nel tempo il valore complessivo del cliente (customer lifetime value).
Anche Vimec, azienda specializzata in soluzioni per l’accessibilità e la mobilità, ha collaborato con Sagres per elevare la propria Customer Experience. Attraverso l’uso di strumenti tecnologici avanzati e l’analisi combinata di feedback verbali e testuali, Vimec ha potuto individuare aree di miglioramento non immediatamente evidenti e agire su aspetti critici spesso trascurati, portando a un netto incremento della soddisfazione percepita da parte dei clienti.
Questi casi dimostrano che investire nella Customer Experience – integrando ascolto attivo, empatia, tecnologie intelligenti e un approccio umano – può trasformare momenti di difficoltà in opportunità di crescita e rafforzare in modo significativo la leadership di mercato.
Customer Experience, FAQ
La Customer Experience (CX) è un concetto fondamentale nel panorama aziendale odierno, ben oltre la semplice soddisfazione del cliente o il servizio clienti. Rappresenta la percezione olistica che un cliente ha di tutte le sue interazioni con un brand. Non si limita a un singolo punto di contatto, ma abbraccia l’intero percorso del cliente, includendo aspetti come il prodotto o servizio, il prezzo, la comunicazione, l’assistenza clienti e persino momenti critici come la gestione del credito. L’obiettivo primario della Customer Experience è garantire che la promessa del brand (Brand Promise) venga mantenuta in modo coerente lungo tutte le fasi del journey.
A differenza del Customer Service, che è l’assistenza fornita in un momento specifico post-acquisto, la Customer Experience è un concetto molto più ampio e strategico. Mentre il Customer Service è una tattica, la Customer Experience è una vera e propria strategia aziendale, trasversale a tutti i reparti. Questo significa che ogni interazione, sia essa legata al marketing, alla pubblicità, al processo di acquisto, alla gestione amministrativa, o alla relazione con il prezzo e le caratteristiche del prodotto, contribuisce a modellare la Customer Experience. Persino l’attività di misurazione della Customer Experience stessa è un “touchpoint” che influenza la percezione del cliente e che deve essere curato.
Un’ottima Customer Experience non è un semplice “hobby”; è un potente vantaggio competitivo. Le aziende che investono in essa possono aspettarsi un aumento della soddisfazione dei clienti, maggiori possibilità di trattenere i clienti e un miglioramento della reputazione aziendale, oltre a una riduzione dei costi legati al customer care e al recupero crediti. Questo perché, nel lungo periodo, un cliente soddisfatto è più propenso a rimanere fedele, a tollerare eventuali disservizi e soprattutto a promuovere il brand ad altri, diventando un vero e proprio ambasciatore dell’azienda. La CX, quindi, non è solo un indicatore di performance, ma un elemento chiave di sostenibilità e crescita.
Il cuore della Customer Experience: il customer journey esteso
Per comprendere appieno la Customer Experience, è fondamentale analizzare il Customer Journey, ovvero il “viaggio” che il cliente compie in tutte le sue interazioni con un’azienda. Tradizionalmente, questo percorso è spesso delineato dalla ricerca di un prodotto/servizio, l’acquisto, l’utilizzo e l’assistenza post-vendita. Tuttavia, una visione più completa e strategica della Customer Experience estende il Customer Journey ben oltre il post-vendita. Questa fase finale, spesso trascurata, è la gestione del credito (Credit Management).
In particolare Sagres ha compreso come ignorare la fase di Credit Management all’interno del Customer Journey è un errore imperdonabile, poiché si tratta di uno dei momenti più critici, un vero e proprio “Momento della Verità” che può segnare in modo indelebile la relazione futura tra azienda e cliente. È in questi frangenti che la relazione è più vulnerabile e dove un approccio sbagliato può portare alla perdita del cliente. La Customer Experience in questo contesto non riguarda solo l’incasso del debito, ma la massimizzazione della raccolta mantenendo la relazione di lungo periodo con il cliente.
Per mappare efficacemente il Customer Journey e definire un piano d’azione, è cruciale identificare tutti i punti di contatto, le aspettative del cliente e le potenziali frustrazioni in ogni fase. Questo approccio permette di comprendere il comportamento del cliente e di guidare il cambiamento necessario per migliorare la Customer Experience.
L’ascolto come fondamento della Customer Experience
Un pilastro insostituibile per una Customer Experience di successo è l’ascolto attivo e strutturato della Voce del Cliente (Voice of the Customer – VoC). Conoscere la storia completa del cliente e comprendere i suoi bisogni e le sue aspettative è fondamentale per definire piani d’azione strategici che migliorino la relazione futura con l’azienda.
Tuttavia, l’ascolto del cliente è spesso l’anello debole della catena nella Customer Experience. Molte aziende tendono a raccogliere feedback in modo inefficace, ad esempio tramite questionari online troppo lunghi o con domande chiuse. Questo può portare a una visione parziale e distorta della percezione dei clienti, inducendo a scelte manageriali e strategiche errate.
La soluzione proposta da Sagres è un approccio radicalmente diverso:
- Interviste telefoniche con domande aperte: le domande aperte sono il segreto per raccogliere resoconti verbali di esperienze personali e permettere al cliente di esprimersi liberamente, senza essere “ingabbiato” da risposte predefinite. Ciò che conta veramente non è solo il punteggio dato, ma il perchè dietro di esso, le motivazioni che giustificano i comportamenti dei clienti.
- Tecnologie avanzate per l’analisi: le conversazioni vengono registrate (con consenso) e trascritte tramite applicazioni Voice to Text. Successivamente, software di Text Analytics, basati sull’Intelligenza Artificiale (AI) e sull’elaborazione del linguaggio naturale (NLP), analizzano le migliaia di parole per identificare concetti chiave, emozioni e driver decisionali. Questi strumenti trasformano dati non strutturati in report visuali che facilitano la comprensione per il management e permettono di prendere decisioni consapevoli e informate.
- L’ascolto come touchpoint: è fondamentale riconoscere che il momento stesso in cui si chiede un feedback al cliente è un “touchpoint” della Customer Experience che può essere positivo o negativo. Se il cliente si sente ascoltato e il suo feedback porta a un’azione, si sentirà valorizzato, contribuendo a una Customer Experience positiva.
Misurare la Customer Experience
Per misurare la Customer Experience, le aziende hanno oggi a disposizione diverse metodologie, ciascuna con obiettivi e punti di forza differenti. La Customer Satisfaction (CSAT) è probabilmente la più antica tra queste. Si basa su una semplice domanda: quanto sei soddisfatto di un prodotto o di un servizio? È utile soprattutto quando si vuole ottenere un’indicazione puntuale su un aspetto specifico dell’esperienza, come un prodotto acquistato o un servizio ricevuto. Tuttavia, ha dei limiti: non coglie la qualità complessiva della relazione con il cliente, né le emozioni più profonde che influenzano la fedeltà nel tempo.
La seconda metodologia è il Customer Effort Score (CES), che misura lo sforzo percepito dal cliente nel raggiungere un obiettivo, come risolvere un problema o completare un’operazione. È particolarmente utile in contesti in cui efficienza, rapidità e semplicità sono determinanti. Ridurre lo sforzo è spesso correlato a una maggiore probabilità che il cliente torni o continui a scegliere l’azienda.
Infine, il Net Promoter System (NPS) è oggi la metodologia più utilizzata a livello globale per ascoltare e gestire la Customer Experience. Ma attenzione: proprio per la sua diffusione, è anche quella più facilmente fraintesa e criticata. L’errore più comune è considerare l’NPS solo come un punteggio numerico – il famoso Net Promoter Score – dimenticando che i suoi ideatori lo hanno pensato e rinominato come un sistema completo: Net Promoter System. Questo sistema ha l’obiettivo non solo di misurare, ma soprattutto di ascoltare in profondità e di agire in modo efficace sul feedback dei clienti.
Per implementarlo correttamente, Sagres propone un modello articolato che distingue chiaramente tre livelli di ascolto, ognuno con uno scopo preciso e complementare.
Il primo è l’NPS Competitivo, che raccoglie feedback non solo dai propri clienti, ma anche da non-clienti o clienti dei concorrenti. Questo approccio offre un vantaggio strategico: permette all’azienda di capire meglio il proprio posizionamento di mercato e di definire obiettivi di miglioramento a medio e lungo termine. Il secondo è l’NPS Relazionale, che prevede l’ascolto regolare di una porzione significativa del portafoglio clienti per comprendere la qualità generale della relazione e raccogliere spunti su prodotto, assistenza, prezzi e comunicazione. Il terzo è l’NPS Esperienziale (detto anche Transazionale), che interviene subito dopo un’interazione rilevante, come una telefonata al customer service o un acquisto, con lo scopo di ottimizzare processi operativi specifici e migliorare l’esperienza in tempo reale.
È fondamentale che questi tre strumenti siano utilizzati e letti separatamente. Sommare i risultati per ottenere un NPS medio aziendale può apparire comodo, ma è fuorviante e rischia di nascondere informazioni preziose. Ciò che davvero conta non è il punteggio in sé, ma il motivo per cui il cliente ha dato quel punteggio. È lì che risiede il vero valore: negli “actionable insights”, ovvero in quelle intuizioni pratiche che guidano il cambiamento e permettono all’azienda di crescere ascoltando davvero la voce del cliente.
L’elemento umano: emozioni ed empatia nella Customer Experience
Spesso si tende a credere che le decisioni di acquisto siano guidate prevalentemente da elementi razionali, come la qualità del prodotto, le sue caratteristiche tecniche o il prezzo. Questo approccio, sebbene apparentemente logico, trascura una verità sempre più evidente: le emozioni giocano un ruolo fondamentale, e spesso addirittura prevalente, nelle scelte dei clienti. Prima ancora che intervenga la razionalità, è la sfera emotiva a entrare in gioco. L’elaborazione emotiva precede sempre quella logica, perché l’essere umano valuta prima come si sente rispetto a un’esperienza, e solo dopo elabora dati concreti. Di conseguenza, creare esperienze significative, coinvolgenti e memorabili non è solo un valore aggiunto: è lo strumento più potente per generare fidelizzazione nel tempo.
In un contesto in cui l’Intelligenza Artificiale (AI), l’automazione e i sistemi digitali stanno trasformando radicalmente il modo in cui le aziende interagiscono con i clienti, emerge con forza una necessità: umanizzare il business. Sebbene l’AI sia estremamente utile per elaborare enormi quantità di dati, ottimizzare processi e ridurre tempi operativi, non può sostituire ciò che solo una persona può offrire: la comprensione autentica delle esigenze, l’ascolto attivo, il riconoscimento delle emozioni, la capacità di entrare in empatia con il cliente.
Proprio in questo scenario Sagres rappresenta un esempio virtuoso. L’azienda si distingue per il suo DNA fortemente incentrato sulla centralità della persona e sulla relazione “persona a persona”, offrendo un approccio che va oltre i numeri e la standardizzazione. Ogni interazione viene trattata come unica, con la consapevolezza che dietro ogni feedback, ogni richiesta o ogni problema c’è una storia individuale. Grazie a una forte capacità di ascolto e alla volontà di comprendere a fondo il contesto emotivo del cliente, Sagres affronta ogni situazione con una logica relazionale, non meccanica.
Questo consente di creare un clima di fiducia, dove il cliente si sente riconosciuto e rispettato. La personalizzazione dell’esperienza e la cura nella comunicazione fanno la differenza soprattutto nei momenti più delicati, in cui un’interazione mal gestita può compromettere l’intera relazione.
In un mondo dove la standardizzazione è sempre più diffusa, scegliere di restare umani non è solo un atto di coerenza etica, ma una scelta strategica. L’empatia, l’ascolto e la relazione autentica diventano elementi distintivi di valore competitivo, e sono proprio questi gli aspetti che i clienti ricordano e che li spingono a rimanere fedeli nel tempo.
La strategia “Pain Is Good” (PIG): una visione innovativa della Customer Experience
Nel contesto della Customer Experience, la “PIG Strategy” (Pain Is Good), elaborata da Sampson Lee e tradotta in italiano da Sergio Rossini di Sagres, rappresenta un approccio innovativo e controintuitivo che sfida la tradizionale “customer-centricity”. La convinzione comune è che l’eliminazione di ogni “pain point” (ostacolo, disagio o frustrazione) sia sempre la via per una migliore Customer Experience. Tuttavia, la PIG Strategy sostiene che cercare l’eccellenza in ogni singolo punto di contatto può portare a esperienze piatte, facilmente replicabili e costose.
L’idea centrale è che non tutti i pain point sono negativi; alcuni possono essere considerati “good pain” (dolori buoni). Questi sono difficoltà che, se opportunamente gestite e bilanciate con “branded pleasures” (piaceri associati al brand che incarnano la promessa del brand), creano valore per il cliente e rafforzano l’identità del brand. Questa strategia si basa sulla teoria del premio Nobel Daniel Kahneman, la Peak-End Rule, secondo cui le persone non ricordano le esperienze nella loro totalità, ma si concentrano sul picco emotivo (positivo o negativo) e sulla fase finale dell’esperienza.
Esempi di aziende che applicano con successo la PIG Strategy includono:
- IKEA: il “good pain” del montaggio dei mobili e delle lunghe code è bilanciato dal “branded pleasure” di design a prezzi accessibili. Il cliente accetta queste difficoltà perché il valore offerto (mobili di design a basso costo) supera lo sforzo richiesto. Tentare di eliminare questi pain point (es. montaggio gratuito) comprometterebbe la promessa del brand.
- Starbucks: il prezzo elevato del caffè, un evidente pain point, è funzionale all’esperienza complessiva offerta: un ambiente accogliente, un servizio gentile, un senso di appartenenza. Il “dolore” del prezzo è ricompensato da un “piacere” emotivo e un’esperienza calda e coinvolgente.
La PIG Strategy permette di ottimizzare il ritorno sugli investimenti concentrando le risorse sui momenti decisivi e sui “branded pleasures”, riducendo i costi per esperienza tra il 15% e il 25%. Inoltre, contribuisce a ridurre il churn rate (tasso di abbandono dei clienti) e a creare una fedeltà attiva basata su esperienze positive rilevanti e memorabili, differenziando l’azienda in un mercato competitivo.
La chiave è comunicare i “good pains” in modo trasparente, spiegando i compromessi operativi e i benefici collettivi che ne derivano, rafforzando la credibilità del brand. L’obiettivo non è semplificare tutto, ma rendere la Customer Experience coerente, significativa e coinvolgente.
La tecnologia a supporto della Customer Experience: AI e CRM
Nel contesto attuale, la tecnologia, in particolare l’Intelligenza Artificiale (AI) e i sistemi di Customer Relationship Management (CRM), gioca un ruolo cruciale nell’ottimizzazione della Customer Experience, ma come un fattore di integrazione, non di sostituzione completa dell’elemento umano.
L’AI è particolarmente utile nelle attività di back-office della Customer Experience, come l’analisi di enormi quantità di dati. Strumenti come Voice to Text (per trascrivere conversazioni audio) e Text Analytics (per analizzare il testo e identificare concetti chiave e sentimenti) sono fondamentali per estrarre valore dai dati non strutturati derivanti dalle interazioni con i clienti. L’AI può generare report visuali che semplificano la comprensione per il management, facilitando decisioni consapevoli basate sulle percezioni dei clienti. L’AI inizia anche a essere applicata per analisi predittive sul comportamento di pagamento.
Tuttavia, nelle attività di front-office, dove si ha a che fare direttamente con il cliente e le sue problematiche, un algoritmo non è in grado di comprendere tutte le esigenze e le contraddizioni di una persona. L’intervento umano, l’empatia e la capacità di proporre soluzioni personalizzate rimangono insostituibili. Le aziende che puntano a una Customer Experience di qualità devono quindi trovare un equilibrio tra l’efficienza offerta dall’AI e la necessità di un tocco umano nei momenti critici della relazione.
Il CRM è uno strumento essenziale per gestire le relazioni con i clienti. Non è solo un luogo dove sono archiviati ordini e offerte, ma dovrebbe contenere anche reclami, indagini di soddisfazione e tutte le interazioni passate. Questo database completo consente un dialogo più efficace e una visione olistica del cliente. Purtroppo, molte aziende italiane, anche di medie e grandi dimensioni, utilizzano ancora fogli Excel, il che rende difficile la tracciabilità della storia del cliente e la condivisione delle informazioni tra i reparti. L’integrazione di questi strumenti è cruciale per una Customer Experience coerente e multicanale.
Customer Experience come crescita aziendale
La Customer Experience rappresenta oggi un elemento cruciale per la crescita sostenibile delle aziende, ma per essere davvero efficace deve diventare parte integrante della strategia e della cultura organizzativa. Non può essere confinata a un singolo reparto, ma deve coinvolgere l’intera azienda, a partire dalla leadership, che deve riconoscerne il valore strategico e promuovere una visione centrata sul cliente.
Il successo della Customer Experience si fonda sulla capacità di abbattere i silos interni, favorendo una collaborazione trasversale tra funzioni diverse e valorizzando la sinergia tra le competenze. Fondamentale è anche il coinvolgimento continuo del personale: formare e motivare le persone significa renderle protagoniste nella creazione di relazioni autentiche con i clienti.
Ma comprendere il cliente non basta: è necessario ascoltarlo in profondità, cogliendo emozioni, bisogni e aspettative, e soprattutto agire concretamente in base a quanto emerso. I dati devono diventare leva per il cambiamento, guidando scelte operative e strategiche. La tecnologia, inclusa l’intelligenza artificiale, può essere un grande alleato in questo processo, ma non può sostituire l’empatia e il valore umano.
In definitiva, la Customer Experience è un potente motore di trasformazione aziendale. Le imprese che sapranno investirvi con coerenza, innovazione e autenticità costruiranno relazioni durature, rafforzeranno la fiducia dei clienti e si distingueranno in un mercato sempre più esigente e competitivo.
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