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Quando il Contact Center diventa strategia

CO-CREIAMO SOLUZIONI

Nel vasto e articolato mondo delle relazioni tra aziende, all’interno del quale si sviluppano ogni giorno innumerevoli interazioni professionali e operative, esistono collaborazioni che restano confinate entro i limiti di una semplice fornitura di servizi, circoscritte a compiti tecnici e orientate esclusivamente all’efficienza o all’adempimento di obblighi contrattuali.

Eppure, ce ne sono altre, decisamente più rare, che riescono a evolvere in qualcosa di molto più solido, duraturo e significativo: una vera alleanza strategica. Questa si fonda su valori profondi come la fiducia reciproca, la trasparenza nella comunicazione, la condivisione autentica delle visioni di lungo periodo e, soprattutto, su un obiettivo comune ben definito: generare valore reale e sostenibile, tanto per le organizzazioni coinvolte quanto per gli utenti finali.

È proprio questo il cuore della conversazione, articolata e ricca di spunti, emersa dall’intervista rilasciata da Raffaele Grazioso, Ludovico Lamberti Zanardi, Gloria Senatore, Rosalba De Crescenzo e Carmine Barone. I cinque protagonisti raccontano l’evoluzione concreta e positiva del rapporto professionale costruito nel tempo tra Sagres e Ge.Se.Sa – due realtà con origini, vocazioni e ambiti operativi apparentemente distanti, ma unite da una visione condivisa sul significato autentico del servizio al cliente e, più in particolare, del contact center come elemento fondante dell’esperienza dell’utente.

L’intervista, che rappresenta al tempo stesso un punto di arrivo significativo e un nuovo punto di partenza stimolante, testimonia non soltanto un’esperienza concreta di successo, ma anche un modello operativo e relazionale potenzialmente replicabile. Un modello che si fonda sulla centralità delle persone, sull’importanza dell’ascolto attivo e sulla qualità profonda della relazione tra tutti gli attori coinvolti.

Dalla fornitura alla partnership: un cambiamento culturale

Ci sono trasformazioni aziendali che non avvengono per caso o per semplice necessità contingente. Si tratta, piuttosto, di evoluzioni profonde che maturano nel tempo, grazie a un intreccio virtuoso di pazienza, lungimiranza, ascolto attento e collaborazione autentica. Sono percorsi che nascono da un’intenzione condivisa e che si rafforzano giorno dopo giorno attraverso esperienze concrete, risultati tangibili e relazioni costruite sulla fiducia.

Tra questi percorsi virtuosi, uno dei più significativi è certamente quello che ha visto evolvere, nel tempo, il rapporto tra Sagres e Ge.Se.Sa – due realtà inizialmente distanti, almeno in apparenza, per quanto riguarda settori di appartenenza, missione aziendale e approccio operativo. Tuttavia, queste due organizzazioni sono riuscite a trovare un terreno comune, solido e fertile, in una visione condivisa: mettere il cliente al centro, non in modo formale o retorico, ma con un impegno autentico, profondo, concreto e soprattutto duraturo.

In un’epoca in cui la customer experience non rappresenta più un’opzione accessoria ma un elemento strategico imprescindibile, il contact center si configura come un nodo essenziale del sistema relazionale aziendale. Non si tratta più soltanto di una struttura tecnica delegata alla gestione efficiente delle chiamate o alla risoluzione rapida dei problemi, ma di un vero e proprio contact center inteso come cuore pulsante della relazione con il cliente, come luogo simbolico e operativo in cui si incrociano ascolto, empatia, competenza, responsabilità e valore aggiunto. Questo è il cambiamento che emerge con forza e chiarezza dall’intervista recentemente pubblicata, in cui si racconta una storia concreta, reale, tangibile, fatta di risultati, di trasformazioni, di apprendimenti reciproci. Una storia nata da un incontro tra mondi diversi, ma capaci di dialogare con rispetto e visione.

Tutto ha preso avvio in modo convenzionale, come spesso accade: un rapporto definito da contratti, da KPI, da metriche, da ruoli ben delineati tra fornitore e committente. Ma ciò che è accaduto nel tempo ha superato ogni schema prestabilito, dando origine a qualcosa di più profondo e rilevante. La collaborazione tra Sagres – attiva nel mondo dei servizi alla clientela e in particolare nell’ambito dei contact center – e Ge.Se.Sa – operativa nel settore idrico ed energetico – ha generato una trasformazione che oggi può essere definita non solo operativa ma anche strategica e, soprattutto, culturale.

Non esiste un momento unico e preciso che segni il passaggio definitivo da una semplice fornitura a una vera partnership. Come avviene nelle relazioni di valore, il cambiamento è il risultato di una somma di fattori: piccoli gesti coerenti, decisioni condivise, obiettivi comuni, fiducia costruita giorno dopo giorno. In questo percorso, il ruolo del contact center è stato tutt’altro che marginale: è stato, anzi, il punto di partenza, il fulcro e insieme il motore propulsivo del cambiamento.

Gestire le chiamate è stata solo la superficie. L’approccio adottato ha mirato fin dall’inizio a costruire relazioni solide, empatiche e significative. Non solo con i clienti finali, ovviamente fondamentali, ma anche tra le due organizzazioni coinvolte. Il contatto continuo e quotidiano con il territorio è stato una lente privilegiata per comprendere a fondo i bisogni emergenti, per ascoltare le voci reali delle persone e per rispondere in modo efficace. Ogni conversazione, ogni interazione, ogni esperienza gestita dal contact center è diventata un’opportunità per creare valore, per costruire fiducia, per rafforzare la coerenza tra ciò che viene promesso e ciò che viene realmente realizzato.

Un’esperienza costruita sulla relazione

Ciò che emerge con estrema chiarezza e forza espressiva dall’intervista condotta, di seguito il link, è un concetto tanto semplice quanto straordinariamente potente nella sua applicazione concreta: il valore della relazione. Non un concetto astratto, non un principio teorico o un’idea da manuale, ma una pratica quotidiana, tangibile, riconoscibile, vissuta giorno dopo giorno da tutte le persone coinvolte nel servizio. Parliamo di operatori, di team leader, di responsabili e coordinatori, di figure professionali che, con impegno e dedizione, sono state formate per andare ben oltre la risposta tecnica.

La formazione non si è limitata, infatti, all’apprendimento delle competenze operative, ma ha incluso percorsi volti a sviluppare l’ascolto attivo, la capacità di cogliere i bisogni impliciti, di interpretare segnali deboli, di leggere tra le righe delle richieste. È stato insegnato loro a comprendere anche ciò che non viene detto apertamente, a gestire con equilibrio le emozioni, a offrire rassicurazione nei momenti di incertezza, a dare conforto, a rappresentare un punto fermo per il cliente.

In questo scenario articolato e complesso, il contact center non si limita più a essere una funzione di supporto tecnico. Al contrario, si trasforma in qualcosa di molto più significativo: diventa la voce stessa del brand, la sua espressione viva e umana.

Il contact center, in questa prospettiva, è un’estensione coerente, autentica e riconoscibile dell’identità aziendale, un presidio relazionale in cui i valori dell’organizzazione prendono corpo attraverso le parole e i gesti. Lo sottolinea con convinzione Raffaele Grazioso nell’intervista: “L’operatore è il brand ambassador”. E non si tratta affatto di una frase di circostanza o di un’affermazione retorica. È una presa di posizione precisa, basata sull’esperienza. Perché chi risponde al telefono, per il cliente, è l’azienda nella sua interezza. Non esiste, in quel momento, alcuna separazione tra chi fornisce il servizio e chi lo rappresenta.

L’identità aziendale si manifesta in ogni dettaglio: ogni parola pronunciata, ogni pausa calibrata, ogni tono di voce, ogni risposta offerta o mancata contribuisce in modo diretto a rafforzare oppure a indebolire la percezione del brand.

Per rendere possibile tutto questo, è necessaria una formazione profonda, continuativa, strutturata, non superficiale. Una formazione che non si fermi alla conoscenza dei prodotti, delle procedure o dei regolamenti tecnici, ma che sappia trasmettere valori, cultura, visione e senso di appartenenza. Occorre interiorizzare ciò che l’azienda rappresenta, comprendere fino in fondo il suo posizionamento e la sua missione, sentirsi parte integrante di un progetto collettivo.

In questa prospettiva, il contact center si configura non solo come uno spazio operativo, ma come una vera e propria palestra valoriale, un ambiente in cui l’identità dell’organizzazione si costruisce giorno dopo giorno attraverso la relazione. Ogni interazione contribuisce a formare una narrazione coerente e autentica. È nel contact center, infine, che si rende concreta la promessa del brand: nel modo in cui si ascolta, si accoglie, si risponde, si accompagna il cliente. È lì che l’azienda dimostra davvero chi è.

Dall’efficienza all’empatia: una customer experience centrata sull’ascolto

Dall’intervista rilasciata emerge con grande chiarezza anche un altro tema particolarmente interessante, rilevante e attuale: il modo in cui la customer experience viene declinata all’interno della collaborazione tra Sagres e Ge.Se.Sa. Un aspetto che vale la pena approfondire e ascoltare direttamente: se desideri sentire l’intervista completa e conoscere ogni dettaglio, il link per accedervi è disponibile qui.

Uno degli elementi centrali, emersi nel corso dell’incontro e raccontati con grande intensità, riguarda la gestione della relazione con il cliente finale e il ruolo sempre più cruciale che assume il contact center in questo contesto.

In un mondo sempre più orientato al digitale, alla velocità, all’automazione e alla standardizzazione dei processi, il rischio di eliminare o ridurre drasticamente il valore dell’interazione umana è elevato, concreto, tangibile. Ma in questa esperienza, al contrario, si è deciso consapevolmente, strategicamente, di mantenere saldo l’elemento umano al centro dell’intera relazione. Non si è trattato di una scelta residuale o obbligata, ma di una decisione precisa, voluta, motivata da una visione chiara del valore della persona nel processo di comunicazione.

L’empatia, in questo modello, non viene considerata un accessorio, un’aggiunta opzionale o un lusso riservato a pochi momenti. È al contrario una competenza strategica, fondamentale, da coltivare e trasmettere. Gli operatori del contact center, infatti, vengono formati con cura per affinare la capacità di ascolto attivo, per riconoscere e decifrare emozioni non espresse, per interpretare situazioni personali, familiari, anche complesse, e gestirle con rispetto, sensibilità, professionalità, gentilezza. Tutto ciò si rivela particolarmente significativo in settori regolati come quello idrico, in cui l’interlocutore non è semplicemente un utente, ma spesso un cittadino che si trova in un momento difficile, segnato da urgenze, preoccupazioni o disagi.

L’obiettivo, dunque, non si limita a fornire una risposta corretta e tempestiva. Si va ben oltre. Si punta ad accompagnare la persona, a rassicurarla, a generare un’esperienza relazionale che sia autentica, significativa, memorabile. Perché un cliente che si sente ascoltato, compreso, accolto nella sua unicità, difficilmente dimentica quel momento. E questa memoria positiva si traduce in fiducia, fidelizzazione, riconoscimento.

È così che il contact center diventa uno snodo strategico nella costruzione della reputazione e nella percezione del brand. È qui, nel contact center, che prende forma una cultura della relazione capace di fare la differenza. Una cultura costruita parola dopo parola, voce dopo voce, giorno dopo giorno.

Tecnologia e umanità: l’equilibrio che fa la differenza

È importante sottolineare che questa centralità della relazione non si traduce in un rifiuto della tecnologia. Al contrario. I sistemi informativi utilizzati sono evoluti, integrati con i CRM, capaci di tracciare in modo preciso la storia del cliente, di automatizzare i processi ripetitivi e di offrire dati in tempo reale sulle performance.

Ma ciò che distingue questo modello di contact center è l’uso intelligente della tecnologia: non come sostituto della relazione, ma come suo potenziatore. L’automazione libera tempo per l’ascolto, la profilazione consente risposte personalizzate, il monitoraggio dei dati permette un miglioramento continuo. Il risultato è un servizio fluido, moderno, ma allo stesso tempo profondamente umano. Dove la persona resta al centro, nonostante – e grazie – agli strumenti digitali.

Il contact center come presidio strategico

Uno degli elementi che emergono con maggior forza dall’esperienza raccontata nell’intervista è la capacità del contact center di diventare un presidio strategico. Non più un servizio in outsourcing da gestire a distanza, ma un punto di osservazione e di ascolto privilegiato sul territorio. Un luogo in cui si intercettano segnali, si raccolgono feedback, si prevengono criticità.

In momenti di emergenza – pensiamo a guasti, interruzioni di servizio, eventi climatici estremi – il contact center è il primo contatto dell’azienda. È il volto umano, la prima risposta, la voce che rassicura. Ma è anche un canale fondamentale per attivare le risorse interne, per diffondere rapidamente informazioni aggiornate, per coordinare azioni complesse. In questo contesto, il contact center diventa molto più di un semplice punto di contatto: è una leva operativa e strategica a tutti gli effetti.

Tutto questo richiede un’organizzazione robusta, una governance attenta, ma anche – e soprattutto – una cultura condivisa. È proprio qui che la collaborazione tra Sagres e Ge.Se.Sa mostra il suo vero valore: nella capacità di lavorare insieme come un’unica entità, di condividere linguaggi, priorità, visioni. Di agire, in definitiva, come un solo brand.

Un modello replicabile, flessibile e sostenibile

Uno degli aspetti più significativi dell’esperienza raccontata è la sua replicabilità. Questo non è un caso isolato, né un progetto estemporaneo. È un modello costruito con metodo, con attenzione, con investimenti mirati. Un modello che può essere adattato ad altri contesti, altri settori, altri territori, mantenendo sempre al centro il ruolo chiave del contact center come catalizzatore della relazione con il cliente.

La chiave di volta è la flessibilità. Non si parte da soluzioni preconfezionate, ma da un ascolto attivo dei bisogni. Ogni progetto è costruito insieme, con analisi condivise, con obiettivi misurabili, con una forte componente partecipativa. Anche la selezione delle risorse segue questo approccio: si cercano persone con attitudine alla relazione, con capacità di ascolto, con voglia di crescere.

La formazione, come si legge chiaramente nell’intervista, non è un’attività una tantum, ma un processo continuo. Che coinvolge non solo gli operatori, ma tutta l’organizzazione. Si lavora sulle competenze tecniche, ma anche su quelle relazionali, valoriali, culturali. Il risultato è un team motivato, consapevole del proprio ruolo, capace di affrontare anche le situazioni più complesse con professionalità e umanità.

Customer retention: la forza della coerenza

In un mercato sempre più competitivo, la retention non è solo un indicatore, ma un vantaggio competitivo. E la chiave della retention è la coerenza. Coerenza tra quanto viene promesso e quanto viene agito. Tra l’identità dichiarata del brand e l’esperienza reale del cliente.

Ogni chiamata, ogni contatto con il customer care, è un’occasione per dimostrare questa coerenza. Per rassicurare, per risolvere, per costruire fiducia. Il cliente non valuta solo la risposta che riceve, ma anche il modo in cui viene trattato. La cortesia, la chiarezza, la disponibilità, la pazienza. Sono questi i veri driver della fidelizzazione.

E quando questa attenzione è continua, quando si trasforma in prassi quotidiana, il cliente resta. Non perché “non ha alternative”, ma perché sente che l’azienda è affidabile, attenta, capace di ascoltare. In un contesto come quello dei servizi pubblici, dove l’offerta spesso si equivale, è proprio la qualità della relazione a fare la differenza.

Un’identità unica, condivisa, credibile

Il risultato più rilevante di questa collaborazione? La costruzione di un’identità unica. Sebbene Sagres e Ge.Se.Sa siano due realtà distinte, il cliente non percepisce alcuna discontinuità. Sente una sola voce, riconosce un solo stile, riceve un servizio coerente, anche attraverso il contact center, che si configura come punto di contatto essenziale nella relazione..

Questo è il frutto di un lavoro quotidiano, meticoloso, profondo. Di una formazione condivisa, di una cultura organizzativa integrata, di una visione comune. È un modello in cui l’identità aziendale non si costruisce con le campagne pubblicitarie, ma con ogni singolo contatto con il cliente. Dove ogni operatore del contact center non è solo un esecutore, ma un portatore autentico dei valori aziendali.

Il cliente non è un numero. È una persona, con i suoi bisogni, i suoi tempi, le sue emozioni. Riconoscere questo significa ripensare il contact center non come un costo da comprimere, ma come un investimento da valorizzare. Un luogo in cui l’azienda prende forma, si racconta, costruisce fiducia.

Per approfondire: l’intervista completa

Se quanto letto finora ha suscitato il tuo interesse, non perderti l’intervista completa che racconta nel dettaglio il percorso intrapreso da Sagres e Ge.Se.Sa. Un viaggio che parte da un servizio affidato in outsourcing e arriva alla costruzione di una vera alleanza strategica. Un esempio concreto di come il contact center, se gestito con visione, metodo e passione, possa diventare un asset competitivo, una leva di reputazione, un presidio valoriale all’interno dell’azienda.

In un mondo che cambia velocemente, dove la relazione con il cliente è sempre più al centro, esperienze come questa ci ricordano che innovare non significa solo adottare nuove tecnologie. Significa, prima di tutto, mettere le persone al centro, anche nel contact center, che deve essere visto come un elemento fondamentale per una comunicazione efficace e umana.

Questo approccio si riflette nel modo in cui il contact center si trasforma in un pilastro strategico, non solo operando, ma creando e consolidando relazioni durature.

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