Come si misura la Customer Experience?
La misurazione della Customer Experience (CX) rappresenta un pilastro fondamentale per il successo e la sostenibilità di qualsiasi azienda, poiché è attraverso la comprensione profonda delle percezioni e delle aspettative dei clienti che si possono intraprendere azioni strategiche concrete per migliorare le relazioni a lungo termine e stimolare la crescita del business. La Customer Experience non si limita a una mera raccolta di dati o a un esercizio puramente quantitativo, bensì costituisce un processo dinamico che mira a interpretare le emozioni, i comportamenti e le motivazioni dei clienti.
Solo attraverso una gestione attenta e consapevole della Customer Experience è possibile generare un cambiamento significativo all’interno dell’organizzazione.
L’evoluzione dei metodi di misurazione della Customer Experience
Nel corso degli anni, i metodi di ascolto e analisi della Voce del Cliente (VoC) si sono evoluti notevolmente. Un tempo, l’approccio era molto più rudimentale, basato su concetti di conformità del prodotto o su regole dettate da standard come l’ISO 9000.
In quel “vecchio metodo”, le aziende spesso predeterminavano cosa fosse importante per il cliente e i sondaggi venivano etichettati manualmente secondo categorie predefinite come qualità, ritardi o prezzo. Lo strumento predominante era Excel o, in passato, Access, utilizzato per codificare, interpretare e riportare le risposte. I sondaggi erano lunghissimi, con troppe domande, quasi tutte chiuse (sì/no o un numero), e finivano per peggiorare l’esperienza del cliente anziché migliorarla. Purtroppo, ancora oggi molte organizzazioni continuano a utilizzare questi metodi obsoleti.
Oggi, per essere leader, è essenziale abbracciare nuove metodologie e tecnologie per misurare la Customer Experience. Le indagini moderne dovrebbero basarsi su pochissime domande, tutte aperte, per raccogliere resoconti verbali di esperienze personali, permettendo al cliente di parlare liberamente anche per venti minuti se lo desidera. Questo tipo di approccio non influenza la risposta e lascia emergere ciò che è realmente rilevante per il cliente. Il feedback viene poi analizzato con software dedicati che sfruttano l’intelligenza artificiale per analizzare il testo trascritto dai file audio delle interviste registrate.
Questi strumenti sono in grado di identificare dinamicamente nuovi temi di interesse e di produrre approfondimenti e report dettagliati. La chiave è comprendere il “perché” dietro i comportamenti dei clienti, trasformando le interviste in conversazioni autentiche e di valore.
Le principali metodologie di ascolto del cliente: misurare diversi aspetti della Customer Experience
Esistono diverse metodologie per l’ascolto della Voce del Cliente (VoC), ciascuna con i propri punti di forza e limiti. Quelle più comuni includono la Customer Satisfaction (CSAT), il Customer Effort Score (CES) e il Net Promoter System (NPS).
La Customer Satisfaction è una metodologia classica e storica, utile per valutare quanto un cliente sia contento di un prodotto o servizio specifico. Sebbene abbia i suoi vantaggi, è spesso abusata e meno efficace nel misurare la relazione o le emozioni complessive. I questionari di soddisfazione tradizionali, con le loro domande predefinite, tendono a ingabbiare le risposte dei clienti, non permettendo loro di esprimersi liberamente sui punti che ritengono più importanti. Inoltre, un alto tasso di risposte positive su molte domande può essere fuorviante se l’unica risposta negativa riguarda un aspetto cruciale per quel singolo cliente.
Il Customer Effort Score (CES) è particolarmente rilevante quando l’efficienza e la velocità di risposta sono gli aspetti fondamentali di un prodotto o servizio. Misura lo sforzo che il cliente deve impiegare per interagire con l’azienda, e in contesti dove la facilità d’uso è critica, questo indicatore è molto importante.
Il Net Promoter System (NPS) è la metodologia di ascolto e misura della Customer Experience più utilizzata a livello globale, superando di gran lunga CSAT e CES. Si basa su una semplice domanda: “In una scala da 0 a 10, quanto raccomanderesti la mia azienda a un amico o a un collega di lavoro?”. Nonostante la sua popolarità, l’NPS è anche uno dei metodi più criticati, spesso a causa di un’implementazione errata.
Molte aziende si concentrano eccessivamente sullo “score” (il punteggio finale) piuttosto che sul “sistema” (Net Promoter System), che invece enfatizza la comprensione del “perché” il cliente ha assegnato quel voto. Questo spostamento di enfasi dal punteggio alla motivazione è cruciale per ottenere “actionable insights” – informazioni concrete su cosa fare per migliorare.
Sagres implementa l’NPS in modo completo, raccogliendo il feedback dei clienti in tre modalità distinte:
- NPS competitivo: questo approccio non si limita a raccogliere il feedback dei propri clienti, ma include anche quello dei non-clienti e dei concorrenti. Questa analisi offre un alto valore strategico, essenziale per definire obiettivi aziendali a medio e lungo termine.
- NPS relazionale: le aziende contattano regolarmente una percentuale dei propri clienti per chiedere quanto li raccomanderebbero e, soprattutto, perché. Questo tipo di feedback fornisce una valutazione generale della relazione tra azienda e cliente e offre informazioni preziose alla forza commerciale e al marketing, consentendo azioni mirate sul singolo cliente e la definizione di piani d’azione per migliorare vendite, assistenza, design del prodotto, prezzi e, soprattutto, la relazione complessiva con il cliente.
- NPS esperienziale (o transazionale): questo tipo di NPS intervista i clienti subito dopo un’interazione specifica, come un acquisto o una richiesta di assistenza. Il suo scopo principale è il miglioramento dei processi specifici di quella interazione.
È fondamentale che questi tre tipi di NPS siano letti e utilizzati separatamente, poiché misurano aspetti diversi della Customer Experience. Un errore comune è sommarli per ottenere un unico NPS aziendale, che pur piacendo al Top Management, può essere fuorviante se interpretato superficialmente. Il piano di miglioramento finale, tuttavia, dovrebbe essere unico e integrato con la strategia aziendale complessiva.
Una critica frequente all’NPS riguarda la presunta negligenza dei punteggi medi (7 e 8, considerati “passivi”). Sebbene non siano inclusi nel calcolo diretto dell’NPS, il loro feedback e i loro commenti sono comunque importanti. La priorità nell’analisi è data ai clienti che assegnano un punteggio tra 0 e 6 (detrattori), in quanto a rischio di abbandono e che necessitano di un intervento immediato per risolvere le problematiche. Successivamente, si interagisce con i promotori (9 o 10), altamente soddisfatti, per capire cosa funziona bene. I clienti passivi (7 o 8) vengono generalmente coinvolti in una fase successiva.
Sagres sostiene che l’NPS, se implementato correttamente e utilizzato come parte di una strategia più ampia di Customer Experience che porti a miglioramenti concreti, rimane uno strumento potente per gestire il cambiamento e migliorare l’esperienza del cliente.
L’importanza del dialogo e delle emozioni nella Customer Experience
Il vero valore della misurazione della Customer Experience non risiede nella semplice quantificazione, ma nella capacità di scavare nelle emozioni dei clienti per comprenderne le decisioni. La nostra cultura ci ha spesso indotto a credere che le scelte siano razionali e logiche, e che le emozioni siano un disturbo da dominare. Tuttavia, le ricerche e le esperienze reali dimostrano il contrario, le emozioni sono una parte fondamentale e prevalente delle decisioni d’acquisto.
Il Premio Nobel Daniel Kahneman, nel suo libro “Thinking, fast and slow”, spiega l’esistenza di due sistemi che guidano il pensiero e le scelte umane, con l’elaborazione emotiva che precede sempre la decisione razionale. La fidelizzazione del cliente, ad esempio, è una classica manifestazione di un legame emotivo.
Per Sagres, comprendere il valore delle emozioni è il segreto per ottimizzare la Customer Experience. Per scoprire le emozioni dei clienti che interagiscono con un marchio, si suggerisce di effettuare prima una ricerca qualitativa per identificare quali emozioni sono rilevanti per il business, e poi una ricerca quantitativa per verificarne l’entità.
Le domande aperte sono il segreto per raccogliere le parole che trasmettono le emozioni dei clienti, come ad esempio chiedere: “Qual è la ragione principale del voto che ci hai dato?” subito dopo la domanda di soddisfazione. Lasciare che il cliente si esprima liberamente, descrivendo le prime due o tre cose che gli vengono in mente, permette di cogliere ciò che realmente conta per lui e che lo ha portato a dare quel voto.
Questo approccio si contrappone ai questionari standardizzati da 20 o più domande, che spesso trasformano il momento del feedback in una “tortura” per il cliente. Un sistema di misurazione efficace della Customer Experience non dovrebbe mai essere un peso per il cliente, ma un’opportunità per sentirsi ascoltato e valorizzato. L’obiettivo è raccogliere resoconti verbali di esperienze personali che rivelano le vere criticità e le emozioni sottostanti.
Sagres ha persino scoperto, tramite domande aperte, come il COVID abbia modificato l’esperienza del cliente nel settore della manutenzione degli ascensori, con tecnici che spontaneamente facevano la spesa per gli anziani bloccati in casa; un’informazione impossibile da ottenere con domande chiuse.
Il ruolo cruciale della tecnologia e dell’Intelligenza Artificiale nella misurazione della Customer Experience
La gestione di migliaia di clienti e milioni di parole espresse durante le conversazioni richiede l’ausilio di strumenti tecnologici avanzati, soprattutto per migliorare la Customer Experience. L’intelligenza artificiale (IA) è oggi una tecnologia matura e pronta a supportare le aziende in questo processo.
Le applicazioni Voice to Text trascrivono facilmente l’audio delle conversazioni con i clienti in testo scritto, fornendo un’enorme quantità di dati testuali da analizzare. Successivamente, l’elaborazione del linguaggio naturale (NLP) viene utilizzata per comprendere il vero significato del feedback dei clienti, identificando concetti chiave ed emozioni associate a voti alti o bassi, contribuendo così a perfezionare la Customer Experience.
L’IA è particolarmente utile nelle attività di back office, dove può elaborare e analizzare grandi quantità di dati in modo rapido ed efficiente, permettendo di creare mappe visuali che evidenziano ciò che rende i clienti soddisfatti o insoddisfatti. Questi “visual reporting” sono essenziali per il management, poiché rendono semplice la comprensione dei dati complessi e permettono di prendere decisioni consapevoli basate sulle reali esigenze e desideri dei clienti, con un impatto diretto sulla Customer Experience.
Al contrario, l’IA è meno efficace nelle attività di front office, come l’assistenza clienti, dove la presenza umana, l’empatia e la capacità di comprendere le contraddizioni e le esigenze complesse delle persone rimangono insostituibili.
Nonostante i progressi tecnologici, un’indagine condotta in collaborazione con il Politecnico di Milano ha rivelato che il 61% delle aziende italiane intervistate gestisce ancora il processo di gestione del credito commerciale attraverso fogli di calcolo Excel. Solo una minoranza adotta strumenti integrati o soluzioni di intelligenza artificiale per quanto riguarda il settore del Credit Management.
Questo dimostra una mancanza di consapevolezza e di adozione di tecnologie integrate, come i sistemi CRM, che sono fondamentali per tracciare la storia completa delle interazioni con il cliente, inclusi ordini, offerte e reclami, e per supportare un dialogo efficace con migliaia di clienti. Solo il 34% delle aziende intervistate possiede un CRM.
La digitalizzazione e l’uso di IA, machine learning e big data possono aiutare a identificare precocemente comportamenti di pagamento anomali e offrire insight predittivi, ma la componente umana rimane imprescindibile.
La “PIG Strategy” e la complessità della Customer Experience
Quando si parla di misurare la Customer Experience, è importante ricordare che non tutti i punti di contatto devono essere necessariamente eccellenti o privi di difficoltà. La CX, infatti, non è una scienza esatta basata solo su punteggi e metriche standardizzate: è un sistema complesso, fatto di emozioni, percezioni e contraddizioni. In questo contesto si inserisce la “PIG Strategy” (Pain Is Good), ideata da Sampson Lee e tradotta in italiano da Sergio Rossini, che invita a riconsiderare la tendenza diffusa a eliminare ogni frizione nel customer journey e a mettere il cliente sempre e ovunque al centro.
Secondo questa strategia, investire equamente in tutti i touchpoint per offrire esperienze impeccabili può risultare non solo costoso, ma anche inefficace: si rischia di generare esperienze piatte, facilmente replicabili dai concorrenti. La “PIG Strategy” propone invece di concentrare tempo e risorse su pochi momenti chiave – i cosiddetti “branded pleasures” – che rafforzano la promessa del brand, mentre alcuni “good pains” (difficoltà controllate e coerenti con l’identità aziendale) possono essere non solo tollerati, ma addirittura utili a differenziare l’esperienza.
IKEA e Ryanair rappresentano due esempi emblematici: entrambe le aziende offrono un valore chiaro e riconoscibile – prezzi bassi – e lo fanno anche attraverso esperienze volutamente “scomode”, come il montaggio dei mobili o i servizi essenziali. Questi “pain points” fanno parte della loro identità, e sono accettati dai clienti proprio perché coerenti con la “Brand Promise”.
In termini di misurazione della Customer Experience, ciò implica che metriche come NPS, CES o CSAT vadano lette nel contesto del brand e del suo posizionamento. Non tutti i punti di contatto devono generare punteggi alti: quelli che contano davvero sono i momenti chiave, quelli che definiscono la percezione complessiva. A supporto di questa visione, la “Peak-End Rule” di Daniel Kahneman suggerisce che le persone non ricordano ogni dettaglio dell’interazione, ma si focalizzano sul picco emotivo (positivo o negativo) e sulla fase finale.
Per questo motivo, una misurazione efficace della Customer Experience deve tener conto di dove e quando avvengono questi picchi, evitando di inseguire una perfezione diffusa e focalizzandosi invece sugli elementi che realmente influenzano la memoria e la soddisfazione del cliente.
La Customer Experience come strumento di cambiamento strategico
Misurare la Customer Experience non è un fine, ma un mezzo per innescare un processo di cambiamento all’interno dell’azienda. Troppe aziende misurano, analizzano e producono report, ma si fermano lì, senza tradurre i dati in azioni concrete. Sagres adotta il motto “la CX senza cambiamento è solo un hobby” per sottolineare che l’obiettivo primario dell’ascolto del cliente è il miglioramento.
Per trasformare il feedback in azione, è essenziale “chiudere il loop”, ovvero ricontattare il cliente dopo l’intervista per approfondire il feedback e dimostrare che la sua voce è stata ascoltata e valorizzata. Questo processo non solo raccoglie informazioni utili, ma contribuisce anche a creare un’esperienza positiva per il cliente stesso.
In Sagres, per esempio, la metodologia prevede che le conversazioni registrate e trascritte vengano analizzate con l’IA per creare “visual report” che suggeriscono chiaramente le azioni da intraprendere. Questi report vengono poi discussi a livello di Top Management (ad esempio, con CFO e CEO) per prendere decisioni informate e integrare i piani d’azione nella strategia aziendale.
La Customer Experience deve essere vista come un vero vantaggio competitivo e, come tale, deve essere un argomento discusso ai massimi livelli dell’azienda.
La collaborazione tra i reparti è fondamentale. I feedback dei clienti possono riguardare lo sviluppo del prodotto, la formazione dei dipendenti e la ridefinizione dei processi.
Coinvolgere il team operativo e il management in workshop di confronto tra il punto di vista interno e la Voce del Cliente esterna porta a una maggiore consapevolezza e a piani d’azione “bottom-up” che sono più facilmente accettati e implementati dal team che dovrà eseguirli.
La Customer Experience è un concetto ampio che va oltre la semplice interazione digitale. Anche se i clienti adottano sempre più comportamenti digitali, essi rimangono individui fisici che operano nel mondo reale, e limitarsi ai soli touchpoint digitali significa perdere di vista la complessità dell’esperienza. È fondamentale capire cosa vogliono e di cosa hanno bisogno i clienti in ogni canale e punto di contatto, riconoscendo la diversità delle loro aspettative.
La misurazione della Customer Experience è un processo continuo e strategico, che richiede un approccio olistico, l’integrazione di dati quantitativi e qualitativi, l’impiego intelligente della tecnologia e, soprattutto, una cultura aziendale che valorizzi l’ascolto e l’empatia per guidare un cambiamento costante e sostenibile. Il futuro delle aziende dipende dalla capacità di costruire e mantenere relazioni di fiducia durature con i clienti, trasformando ogni interazione, anche quelle critiche come il recupero crediti, in un’opportunità di valore.