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La customer experience, saper interpretare i business data

CO-CREIAMO SOLUZIONI

“Non conosciamo i nostri clienti…abbastanza”

Abbiamo sentito questa frase per la prima volta nel 2012 dall’allora CEO di Schindler, una delle nostre aziende principali clienti.

È stata la scintilla che ha acceso la nostra curiosità per il mondo della Customer Experience.

È un errore comune presumere di conoscere i propri clienti.

Perdere clienti o la mancanza di acquisti ripetuti non possono essere una sorpresa.

Come possiamo risolvere questo problema?

La risposta esiste ma si nasconde nei dati… e le aziende sono spesso sopraffatte dall’enorme quantità di business data raccolti.

Siamo tutti seduti su un tesoro di business data, che però non hanno alcun valore se non le processiamo adeguatamente per consentirci di prendere decisioni migliori.

L’identificazione delle ragioni che spingono i clienti ad acquistare o a cambiare idea, è necessaria per permettere al management di decidere consapevolmente le azioni da intraprendere e la scoperta di queste ragioni è il frutto di una ricerca di tipo qualitativo.

I dati quantitativi si basano sui numeri e sono misurabili. I dati qualitativi sono basati sull’interpretazione, sulla descrizione e sul linguaggio. I dati quantitativi ci dicono quanti, quanto o quanto spesso accadono certi eventi. I dati qualitativi ci aiutano a capire il perché e il come di certi comportamenti.

Operando prevalentemente nel B2B, preferiamo le interviste telefoniche basate su domande aperte che non influenzano l’intervistato, le conversazioni e i focus group, mentre non credo che i sondaggi web o digitali possano essere utili, quando si cerca di conoscere meglio i clienti, perché riportano informazioni sul quanto ma non sul PERCHÉ dei comportamenti.

Naturalmente, quando si ha a che fare con migliaia di dati non strutturati è necessario l’aiuto di un software di analisi testuale basato su un uso intensivo dell’intelligenza artificiale, per dare loro forma e poter individuare le storie dei clienti nascoste tra i dati, ma ecco finalmente una buona notizia: questo è ora possibile grazie all’introduzione dell’elaborazione del linguaggio naturale (NLP – Natural Language Processing) che ha fatto fare enormi progressi al mondo dell’analisi.

Crediamo molto nel potere degli strumenti di Visual Reporting, che consentono di identificare i punti deboli e i punti di forza delle organizzazioni e che permettono una facile individuazione condivisa delle azioni di miglioramento della Customer Experience, partendo da enormi quantità di dati di non facile lettura per il management.

Infine, non dobbiamo mai scordarci che siamo tutti esseri umani (anche i manager!) e i dati, per loro natura, non riescono a suscitare emozioni. Dove i data scientist spesso falliscono è nel trovare modi emozionali per comunicare le storie dei clienti derivate dal grande lavoro di analisi.

I dati in questo caso devono diventare narrazione.

Ecco l’importanza dello storytelling, sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione.

Non sono i dati, ma la storia di un singolo cliente con cui si può entrare in empatia, a creare connessioni emotive.

Questo è il modo perfetto per far conoscere il proprio marchio e sostenere la Brand Promise, perché l’obiettivo finale della CX è far sì che la Brand Promise venga mantenuta!

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